Forse non esiste una parola per indicare la «visionarietà» di chi crea mondi nuovi con i suoni ma servirebbe per le pioniere della musica elettronica a cui è dedicato Sisters with Transistors, documentario di Lisa Rovner presentato in anteprima allo Sheffield Doc. Il film è un ritratto corale che intreccia un ricchissimo repertorio di immagini (performance, pellicole private, fotografie, sequenze cinematografiche e televisive) con un tappeto sonoro di interviste e un soundscape che antologizza brani di composizioni firmate da alcune figure topiche: da Clara Rockmore a Eliane Radigue, da Suzanne Ciani a Laurie Spiegel.

«QUESTA è la storia di donne che immaginano musiche, la storia di suoni radicali che emergono laddove prima c’era il silenzio, di sogni resi possibili dalla tecnologia», recita la voce narrante di Laurie Anderson nella sequenza iniziale del film cedendo il passo a una polifonia di testimonianze su settant’anni di sperimentazione sonora in cui le donne hanno avuto un ruolo d’avanguardia.

Infatti, la storia delle donne nella musica elettronica è parte di un processo di fuoriuscita dalla sfera privata anche grazie agli spazi liberatisi nell’industria, nella ricerca scientifica e nello sviluppo tecnologico durante la Seconda guerra mondiale mentre gli uomini erano al fronte. È così che la pianista Daphne Oram entra alla Bbc come ingegnera del suono, s’appassiona alle nuove possibilità di creazione acustica offerte dall’elettronica e dà vita al gruppo di ricerca Bbc’s Radiophonic Workshop dove sperimenta tonalità di sintesi, inventa nuove notazioni musicali e tecniche di codificazione grafica del suono sintetico. Si tratta di un processo per certi versi analogo a quanto avvenuto nel cinema con l’avvento del video e delle videocamere leggere che hanno agevolato per le donne la produzione autonoma di rappresentazioni e di forme di controinformazione.

È DALL’ESIGENZA di esprimere un mondo nuovo con linguaggi nuovi che si sviluppa, per esempio, lo stile surreale di un’artista come Delia Derbishire fortemente influenzata dall’esperienza della guerra, dal suono di bombardamenti, allarmi, rifugi sotterranei. I protosintetizzatori diventano risorse espressive capaci di dare forma al silenzio della Guerra fredda, al timore dell’olocausto nucleare ma anche al sogno dei viaggi intergalattici e delle esplorazioni lunari. E poi pian piano cavi, manopole, nastri magnetici e infine calcolatori e computer saranno il luogo di esercizio di un’agentività artistica consonante con gli impulsi di rivoluzione sociale e culturale che attraversano il mondo sin dalla fine degli anni ’50. Nel Village, Bebe e Louis Barron vivono l’effervescenza creativa del beatnik e della scena underground non solo musicale ma anche cinematografica collaborando con filmmaker come Shirley Clarke per Bridges go Round (1958) oppure musicando Il pianeta proibito (1956), primo lungometraggio con sola musica elettronica.

IL PRIMO film hollywoodiano con una colonna sonora interamente elettronica composta da una donna, Suzanne Ciani, sarà The Incredible Shrinking Woman (1981), esordio dell’appena scomparso Joel Schumacher.
Certo, l’establishment musicale spesso reagisce con ostilità a queste novità senza però impedirne lo sviluppo. Negli anni ’70 del femminismo e dei movimenti di liberazione gay, figure come Pauline Oliveros o Maryanne Amacher sviluppano pratiche artistiche dal forte valore politico per il modo in cui riflettono sull’atto di ascoltare e sull’etica della relazione con gli altri e con il mondo interno e intorno a noi. Peccato che il film dedichi poca attenzione a Wendy Carlos, musicista d’elezione di Kubrick, che con i suoi Switched-on Bach (1968) e The Well-Tempered Synthesizer (1969) ebbe un effetto dirompente. Con la sua transessualità, Carlos è emblema di queste figure avanguardistiche protagoniste di rivoluzioni culturali che investono anche il corpo.