Oltrepassate le ville bianche delle zone benestanti di Cartagine e La Marsa, la strada che porta al porto di Tunisi passa per il Kram. Questo quartiere della banlieue nord della capitale a 20 km dal centro della città è spaccato in due. A Kram Est, verso la spiaggia, un affitto costa più del salario medio di un tunisino e gli hotel accolgono i turisti d’estate. Dietro il parco, attraversata la strada, c’è Kram Ovest: un quartiere popolare dove la disoccupazione giovanile sfiora il 30% secondo i dati ufficiali, che escludono però chi lavora in nero o chi è costretto ad accontentarsi di un impiego sottoqualificato.

SECONDO IL RAPPORTO dell’associazione locale Mobdiun intitolato «Essere adolescente a Kram Ovest», la professione più comune tra gli abitanti della zona è quella di operaio con stipendio alla giornata. Le case in cemento e mattoni a vista sono state costruite durante l’esodo rurale degli anni 70, quando i tunisini dell’entroterra arrivavano dalle campagne per fare fortuna in città, dando vita alla banlieue della capitale. Lo dimostrano ancora oggi i cognomi dei giovani del quartiere: il più frequente è Frechich, tipico della regione interna di Kasserine.

Kram Ovest – da sempre un quartiere ribelle, protagonista delle rivolte del pane del 1984 – è stato uno dei primi a scendere in piazza durante l’ultima ondata di proteste che attraversa la Tunisia. Di notte, a partire dal 15 gennaio, le sue vie polverose sono state il teatro di scontri tra manifestanti e polizia. Dieci giorni dopo, per strada la paura ha sostituito l’entusiasmo: «Le proteste? Non ne so niente, le ho viste solo in televisione», ripetono i passanti al mercato di quartiere. Se qui nessuno vuole avere a che fare con le manifestazioni è perché, secondo le associazioni locali, la polizia ha arrestato 120 giovani a Kram Ovest.

Non tutti però hanno partecipato alle manifestazioni: «Li hanno presi di giorno, a casa o quando sono usciti a buttare la spazzatura. Ora aspetto di capire che fine faranno i miei amici», racconta Belhassen, 23 anni, nato e cresciuto a Kram Ovest.

BELHASSEN HA LASCIATO la scuola dopo le medie e oggi spiega così le proteste nel suo quartiere: «Ci chiedono, perché? Venite a Kram Ovest e viveteci due settimane. Io non ho un lavoro, ma protesto soprattutto contro la violenza della polizia che subiamo quotidianamente». Felpa e scarpe da ginnastica, Belhassen racconta con indifferenza i suoi sei mesi di carcere dopo una lite. «Qui ci passano tutti. Io almeno ne sono uscito», sospira.

Il lockdown non ha fatto altro che peggiorare le sue condizioni di vita già pessime, privandolo dei pochi spazi di condivisione rimasti dove bere un caffè e chiacchierare con un amico.

In una conferenza stampa congiunta, le principali associazioni della società civile tunisina hanno denunciato i metodi brutali utilizzati dalla polizia per reprimere le proteste nei quartieri popolari. Circa 1220 manifestanti sono stati arrestati secondo la Lega tunisina per i diritti umani. Il 30% di loro è minorenne. «Chi viene preso passa 24 ore in custodia preventiva. Il dossier viene poi trasmesso al procuratore regionale, che decide se è necessaria o meno la detenzione. In questo momento i giovani sono quasi automaticamente detenuti. Il procuratore dovrebbe incontrarli e porre loro delle domande, ma abbiamo notizie di più di cento dossier – minorenni inclusi – trattati in meno quattro ore», spiega Oumeyma Mehdi di Avocats Sans Frontières.

PER AMIN HCINI, SOCIOLOGO dell’associazione di quartiere Mobdiun, il problema principale a Kram Ovest è proprio quello della repressione della polizia, unito a quel senso di umiliazione e vergogna che condividono tanti adolescenti: «Questi ragazzi sono consapevoli del fatto che in Tunisia l’ascensore sociale è fermo. Quando dicono che non hanno un futuro sanno di cosa parlano. Per questo la nostra associazione organizza dei veri e propri atelier di discussione o di scrittura che servono quasi come una psicoterapia».
Seduto ad un tavolino dell’unico cinema di Kram Ovest, chiuso, anche Aziz è nato e cresciuto tra queste strade. Per sopravvivere ha due lavori: la mattina scarica camion e a volte il pomeriggio serve in un bar. Come Belhassen ha abbandonato la scuola, ma rispetto a lui ha dieci di anni più. La maggior parte dei protagonisti delle proteste attuali – in piazza a quindici, diciotto, vent’anni – non hanno vissuto la rivoluzione del 2011.

INVECE AZIZ LA RICORDA nitidamente: «Avevo appena vent’anni quando protestavo per le strade di Kram Ovest. Oggi non partecipo alle manifestazioni perché la mia famiglia ancora ricorda quello che abbiamo subito allora da parte della polizia. Non vorrei mai rivivere quei momenti». Eppure, anche se rimane a casa, Aziz sa che rischia una perquisizione per il solo fatto di avere trent’anni e abitare a Kram Ovest. È per questo che, per lui, gli slogan rivoluzionari sono ormai frasi vuote.