Se siete fra quelli che appartengono a una famiglia fatta a puzzle, sapete già che per le prossime feste avrete una sola scelta: non vedere quasi nessuno. C’è chi si sta chiedendo se restare con i figli adolescenti a Milano e lasciare da soli gli anziani genitori (il padre di lui in Sicilia, la madre di lei in Molise) oppure il contrario, ma qui il rischio di essere accusati di abbandono di minore e magari trovare l’abitazione mezzo distrutta al ritorno facilita la scelta. C’è chi ha già deciso che per quest’anno ognuno fa per sé visto che una figlia abita a Zurigo e l’altra a Los Angeles, per dire. Ci sono quelli che non si pongono problema e restano a casa tanto non hanno mai sopportato la famiglia del fratello a Milano e dalla madre, che abita accanto all’altra sorella e sta a seicento chilometri, non vanno da anni. Insomma, da quando il mondo si è allargato ed è normale spostarsi là dove il lavoro e l’amore chiamano, il Natale è un rebus che ogni anno ha una soluzione diversa nel senso che o ci si alterna e si va una volta da te e una da me, oppure si porta dietro scelte definitive come chiudere con certi parenti e privilegiarne altri. In genere si dà per scontato che rinunciare al Natale in famiglia sia una delle prove più dure da sopportare. Non considerano, costoro, l’altro punto di vista, ovvero che un Natale agli arresti nei confini comunali, e in solitudine, sarà per molti una liberazione da alcuni obblighi mal sopportati.

VANTAGGIO numero uno. Niente regali. Poiché non ci si incontra, è meglio evitare affollamenti nei negozi e non si ha nessuna voglia di sobbarcarsi infinite code, per quest’anno si è esentati da: dovere pensare che cosa regalare a questo e a quello, ricordarsi che cosa si è donato l’anno prima per non ripetersi, distribuire il budget di spesa in modo sensato, rischiare di scegliere cose inutili o mal gradite, incartare in modo creativo, scrutare l’espressione del donato per capire se il nostro pensiero gli è davvero piaciuto, non doversi mostrare entusiasti per quel paio di calze che hai ricevuto e che non metterai mai perché sono color arcobaleno e di lana che pizzica (e cito qualcosa che ho ricevuto davvero).
Vantaggio numero due. Si risparmia, e qui non c’è bisogno che mi addentri in spiegazioni. Vantaggio numero tre. L’agenda è vuota e libera. Niente gimcane del tipo «Per accontentare tutti facciamo l’antivigilia da tuo fratello a Verona, la vigilia da mia sorella a Modena, il Natale da mia madre a Bologna, Santo Stefano dai tuoi a Torino», tour de force che da una parte riflette la moderna transumanza degli affetti, dall’altra fa ingrassare e percorrere centinaia di chilometri che ogni anno ti fanno dire «Ma perché non gli ho detto di no?».

VANTAGGIO numero quattro. Te la cavi con una telefonata, al massimo un video messaggio e ti sarà risparmiata la noia di un cognato, la superficialità di un cugino e tutte le liti che puntualmente si scatenano a Natale soprattutto nelle famiglie di parenti/serpenti, e sono tante. Vantaggio numero cinque. Non cucini, questo per coloro cui non frega nulla di emulare Masterchef, Bake off o una delle ormai assillanti trasmissioni con cuochi.
Vantaggio numero sei. Puoi lasciare in cantina l’alberello di plastica, le palline, le lucine e il presepe con annessi e connessi, cosa che molti smantellano quasi a Pasqua perché lo sport del rimando affligge un’infinità di persone.
Tuttavia, a fronte di questi numerosi vantaggi c’è un gigantesco svantaggio. Non ci si può rifugiare in nessun cinema, teatro o museo e questo sì rende infausto il Natale, almeno per noi miscredenti.

mariangela.mianiti@gmail.com