Sono numeri che bisogna prendere con il beneficio di inventario, perché la situazione è fluida e molti potrebbero cambiare cavallo all’ultimo momento. Ma il dato di partenza ormai è che la roccaforte dei contiani del Movimento 5 Stelle è il Senato. Qui, su 75 eletti, si conterebbero sulle dita di una mano i fedeli a Beppe Grillo. Con Giuseppe Conte sono apertamente schierati il capogruppo Ettore Licheri, la vicepresidente Paola Taverna, il reggente Vito Crimi, il capodelegazione al governo Stefano Patuanelli e l’ex sottosegretario Mario Turco, considerato uno dei più vicini al nuovo leader. Anche in virtù di questi numeri, il Senato rappresenterebbe un ambito privilegiato per il Partito di Conte, un laboratorio da tenere d’occhio per capire cosa succederà se il progetto dovesse partire.

A cominciare dalle difficoltà: secondo il regolamento di Palazzo Madama nonostante i numeri consistenti i contiani avrebbero la necessità di appoggiarsi al simbolo di un partito che abbia partecipato alle ultime elezioni per costituirsi in gruppo autonomo e partire con autonomia finanziaria e capacità organizzativa. Difficile che si rivolgano al Maie. Pare poco praticabile anche che si possano appoggiare a Leu. A quel punto rimarrebbe la possibilità di costituirsi come componente del misto. La soluzione potrebbe essere nascosta nelle pieghe del regolamento. Chi conosce le norme avanza questa ipotesi: se i numeri dovessero essere così schiaccianti, il gruppo del M5S di osservanza grillina smetterebbe di esistere. E allora gli scissionisti potrebbero avanzare la richiesta di fondare il gruppo «Movimento 5 Stelle con Conte», rideclinando il simbolo grillista nel nuovo scenario.

Dal punto di vista strettamente politico, invece, si fa avanti l’idea che, in forme ancora tutte da capire e con modalità da discutere, le strade del partito contiano possano incrociarsi con quelle di Articolo 1, la componente di Leu che risponde al ministro della salute Roberto Speranza e a Pierluigi Bersani. Proprio l’ex segretario Pd l’altro giorno ha pronunciato parole che alla luce dei sommovimenti recenti suonano come una dichiarazione programmatica: «Io credo che una figura come Conte non possa essere dispersa. Conte non ha in testa un partito personale ma un partito con i suoi organismi, che abbia una democrazia interna con logiche di rappresentanza».

Alla Camera il rapporto sembra ribaltarsi. Sui 161 deputati del M5S, sarebbero una quarantina quelli disposti a passare con Conte. Tra di questi ci sono Michele Gubitosa, Davide Serritella, Alfonso Bonafede, Luigi Iovino e un grillino di peso nel dibattito interno come il vicecapogruppo Riccardo Ricciardi. Con Grillo resterebbero Carla Ruocco, il capogruppo Davide Crippa, Sergio Battelli e l’ex ministro Vincenzo Spadafora.