L’hanno chiamata la t-shirt de la honte (la maglietta della vergogna) e fa pendant con le circolari dei presidi che in alcune scuole italiane hanno invitato le studentesse a non indossare gonne troppo corte perché sennò lo sguardo dei docenti sarebbe caduto lì e quindi, poveretti, si sarebbero troppo turbati e distratti. Il fenomeno della maglietta, con relativa protesta delle studentesse, è apparso prima in Francia, ma ha preso ampiezza nella Svizzera romanda aprendo discussioni, dibattiti, interventi di politici e costringendo i presidi bacchettoni a una retromarcia. La vicenda si è sviluppata così. Il Collège di Pinchat, un complesso scolastico che si trova a Carouge, quartiere di Ginevra, ritenendo troppo osé l’abbigliamento di alcune studentesse (magliette che scoprivano parte dell’addome, short troppo corti), ha cominciato a verificare le mise all’entrata di scuola. Le ragazze ritenute impudiche sono state obbligate a indossare una mortificante maglietta XXL che, oltre a farle sembrare degli scaldabagni, aveva sul petto la scritta «J’ai une tenue adéquate» (ho una tenuta adeguata) a che cosa non è specificato, ma si pensa alle lezioni scolastiche. Inutile dire che, girando per la scuola così bardate, le colpevoli hanno suscitato le domande e la curiosità dei compagni che chiedevano come mai indossassero una roba del genere.

NON AVEVANO fatto i conti, gli incauti moralizzatori, con la capacità di ribellione delle ragazze e tanto meno con la potenza di fuoco dei socialnetwork sui quali è montata la protesta e l’accusa di sessismo. Si è rimproverato ai presidi di voler censurare solo i corpi femminili addossando al loro abbigliamento la colpa della provocazione. Insomma, una versione soft dell’antico «Se l’è cercata». Alcune studentesse hanno poi fatto notare che non erano nemmeno troppo scoperte (si vedeva solo qualche centimetro di addome e nemmeno l’ombelico) e per dimostrarlo hanno postato le foto delle mise incriminate dove si notano, questo sì, corpi di silfili en fleur.
Il casino è stato tale che le magliette sono state ritirate, ma resta indelebile la sensazione che nella società si aggiri una forte nostalgia per la lettera scarlatta, quella A che significa Adultera e che Hester Prynne, la protagonista dell’omonimo romanzo di Nathaniel Hawthorne, è costretta a portare ricamata sul petto. Peccato che quella vicenda sia ambientata in una colonia puritana vicino a Boston a metà del 1600, mentre la t-shirt de la honte è stata pensata oggi e in Europa.

PRENDIAMO atto che il corpo femminile e il suo potere seduttivo ancora spaventano, e ancor di più succede se una donna è consapevole di questa sua potenza e la esibisce. È questo il cuore del problema, l’origine del sessismo e del patriarcato, ciò che nutre l’eterno desiderio di controllare e sottomettere la femmina. La femmina fa paura, e suscita pure un po’ di invidia.
Fa paura la sua unicità, la sua potenzialità di desiderio, la sua libertà di sperimentare, fa paura la sua clitoride, l’unico organo umano messo lì solo per creare il piacere. So già cosa stanno per obiettare i ragionevoli: «Eh ma a scuola si va per imparare, mica per corteggiare». E quindi che facciamo, adottiamo una specie di burqa, per altro solo femminile, invece di parlare con i ragazzi dei loro corpi, di come li sentono, li vivono, li vedono? Coprire e nascondere la femmina additandola come unica responsabile, la peccatrice, è comodo e facile. Costruire consapevolezze è più faticoso, ma non c’è alternativa. Servirebbe una scuola del corpo, e farebbe bene anche a un sacco di adulti.

mariangela.mianiti@gmail.com