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I nodi di Norma

I nodi di NormaMariella Devia

Opera Mariella Devia incanta a Palermo in uno spettacolo di forte impatto scenografico

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 7 marzo 2017

Una scena intricata di funi, fili, reti, bande, cordami, nodi e intrecci. Su tutto dominano i lacerti di un grande cerchio, una luna bianca illuminata su sfondi cangianti: rossi blu, verdi petrolio, che d’improvviso regalano alla scena sorprendenti assonanze pittoriche, da Burri a Maria Lai, da Ernst a Afro. Così si presentava Norma al pubblico del Teatro Massimo di Palermo: sottratta a ogni connotazione di tempi e luoghi, ambientata in un lontano evo barbarico, forse perfino post-atomico. Lo spettacolo è realizzato da due artisti siciliani con un forte legame con la città, il duo registico Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi, coadiuvati da Federica Parolini per le originalissime scene, che sfruttano anche gli stessi materiali che muovono il dietro le quinte di un teatro all’italiana, e da Daniela Cernigliaro per i costumi e Luigi Biondi per le efficacissime luci.

Nato in coproduzione con Macerata Opera Festival e visto la scorsa estate allo Sferisterio, lo spettacolo ha cambiato pelle sul palcoscenico del Teatro Massimo. Privato dell’allungo longitudinale dell’arena Maceratese, ha ritrovato profondità sul palcoscenico tradizionale, per descrivere riti ancestrali e il conflitto fra due popoli, galli e romani, di pari violenza primitiva. Uno scenario fosco, in cui si consuma il dramma di una donna sola, costantemente isolata dal raggio di luna che la bagna, dilaniata fra i doveri del rango sacerdotale e le pulsioni di madre segreta e di amante tradita. Mariella Devia, Norma, sbalordisce per freschezza e perfezione vocale anche nei passaggi più impervi dell’opera. Il dominio della tecnica belcantistica compensa le inevitabili carenze di peso vocale e di accento, ben risolte in un’alternanza di struggimento lunare e di ira misurata e glaciale.

Così anche il tenore John Osborne, partner ideale della Devia per colore vocale e intenzioni, Pollione ottimo sulla scena, sorprende anche nella raffinata ricerca delle variazioni. Carmela Remigio è una Adalgisa dal colore scuro, fiera e appassionata nello slancio vocale, Luca Tittoto è un Oroveso solenne, di felice impatto scenico e vocale.

Ottimi nelle parti di Clotilde e Flavio Maria Mirò e Manuel Pierattelli. Ben coinvolto dal progetto registico, il cast ha superato con duttilità le prove vocali tutt’altro che semplici imposte dai tempi davvero ampi, quando non lentissimi, del direttore Gabriele Ferro, che nella scrittura belliniana sembra quasi voler evocare prefigurazioni wagneriane. Orchestra e coro hanno a loro volta assecondato questa visione mostrando notevole solidità e controllo.

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