«Open Arms si è trasformato in un ufficio richiedenti asilo inedito: 89 adulti a bordo hanno manifestato in acque internazionali la loro volontà di chiedere protezione all’Europa», raccontava ieri Oscar Camps sui social confermando la notizia, pubblicata da il manifesto ieri, che i naufraghi salvati dall’ong catalana tra il primo e il due agosto (ce ne sono 121 a bordo) hanno avviato il percorso per chiedere protezione all’Italia.

È UNA PROCEDURA INEDITA, giovedì il Viminale aveva liquidato l’iniziativa con «si rivolgano a Madrid» ma non sarà così semplice chiudere la pratica. «Le persone a bordo provengono dall’Eritrea, dal Sudan, dall’Etiopia, dalla Costa d’Avorio – spiega Valentina Brinis, l’avvocato che ha curato la procedura -, hanno espresso il loro desiderio di chiedere asilo alla capo missione. Abbiamo raccolto i loro dati e le loro testimonianze e da bordo ogni singola domanda, firmata, è stata inviata all’Unhcr Italia e al Centro di coordinamento dei soccorsi di Roma seguendo le regole dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati». È ancora Brinis a spiegare l’importanza dell’iniziativa: «Non è la solita procedura, per la prima volta qualcuno ha dato importanza alle richieste delle persone salvate e ha cominciato il percorso per la richiesta di asilo. Stiamo aspettando notizie su come procedere. Non sono solo naufraghi ma portatori di diritti. Il Viminale dovrà affrontare il problema, non può semplicemente ignorarlo». L’ong si era anche rivolta, quattro giorni fa, al tribunale dei Minori di Palermo per i 32 ragazzi che si trovano a bordo, anche loro aventi diritto alla protezione e, per i 27 non accompagnati, anche alla nomina di un tutore.

IL GARANTE delle persone detenute o private della libertà, Mauro Palma, ieri è intervenuto confermando che esistono i fondamenti giuridici per la richiesta di protezione all’Italia. Palma ha inviato una nota al comandante generale della Guardia costiera, Giovanni Pettorino: «L’interdizione all’ingresso nelle acque territoriali costituisce esercizio della sovranità e implica che ai migranti soccorsi debbano essere riconosciuti tutti i diritti e le garanzie (divieto di respingimento collettivo, diritti dei minori non accompagnati, diritto di protezione internazionale) che spettano alle persone nei confronti delle quali l’Italia esercita la propria giurisdizione». Palma, inoltre, sottolinea che aver evacuato tre donne a Lampedusa è indicativo di una «presa in carico» della situazione dell’Open Arms che «configura una forma di esercizio di giurisdizione». Il Viminale ha liquidato la nota con fastidio: «Il garante deve giustificare il proprio stipendio andato oltre le sue competenze. La nave si trova in acque internazionali e non risultano prigionieri a bordo».

RICHARD GERE E CHEF RUBIO sono arrivati a Lampedusa in solidarietà con l’Open Arms. Stamattina saranno alla conferenza stampa prevista all’aeroporto dell’isola, ieri hanno contribuito a caricare sulla nave catalana, bloccata in acque internazionali, le scorte alimentari che scarseggiavano da giorni. Salvini, intanto, dispensava battute sull’attore («speriamo che si abbronzi») e sui naufraghi («hanno diritto di sbarcare a Ibizia o Formentera») mentre la Commissione europea ieri ha finalmente chiesto ai paesi membri di trovare un accordo per i 121.

L’OCEAN VIKING, la nave di Sos Méditerranée con Medici senza frontiere, è entrata in azione ieri salvando in acque internazionali 85 naufraghi (4 le donne e 25 i bambini, il più piccolo ha un anno) su un gommone a 60 miglia dalla Libia. L’allarme è partito da Alarm Phone giovedì notte ma al buio i volontari non sono riusciti a individuare il mezzo. Il soccorso è stato possibile solo all’alba grazie a un aereo militare che pattugliava l’area. L’Ocean Viking è poi rimasti in zona in cerca di un secondo gommone. «Abbiamo contattato il Centro di coordinamento di Tripoli – ha spiegato Sam Turner di Msf -, hanno risposto solo dopo il soccorso offrendoci di portare le persone in Libia, in violazione del diritto internazionale. Non lo faremo mai».

SALVINI dal beach tour ha attaccato: «Ho firmato il divieto d’ingresso di una nave di una ong francese con bandiera norvegese, li portassero in Francia o in Norvegia. Qui vogliamo i turisti che pagano, no chi viene per farsi pagare». Il ministro dell’Interno ha anche attivato le vie diplomatiche con una nota ufficiale: «Il governo italiano ritiene doveroso richiamare l’attenzione del governo norvegese alle proprie responsabilità di stato di bandiera. È urgente un vostro intervento per l’approdo verso un porto norvegese o di altro paese disponibile».