A volte i morti ritornano. Ad ascoltare i rumors, sono i fan del bipolarismo forzoso di coalizione a multipartitismo estremo. Corre infatti voce di un accordo sotto traccia su alcuni punti. Premio di maggioranza alla coalizione, graduale.

Ad esempio, soglia intorno al 35% con il 51% di seggi, e crescita di 1% di seggi per ciascun 1% di voti fino al 40%. Si giungerebbe così al 55/56% di seggi, pare su base nazionale alla Camera, e regionale al Senato. Soglia di sbarramento al 2/3% per le forze coalizzate, al 3/4% per le altre. Capilista bloccati, preferenza per gli altri, con alternanza uomo-donna, in collegi piccoli.

Se i sussurri si mostrassero fondati, sorgerebbero tre domande.

La prima. Cui prodest? Anzitutto, si rafforzano molto l’appeal di un assemblaggio di coalizione, e l’argomento del voto utile.

È una soluzione gradita a larga parte del Pd e al neo-convertito Renzi. Massimizza la pressione su Pisapia e quella sinistra più disponibile verso il Pd, mantiene la porta aperta ad Alfano. Nel centrodestra, piace all’ultimo Berlusconi, meno a Salvini, che non a caso riparla – inutilmente – di Mattarellum. Anche la Meloni non può gradire il ruolo di ruotina di scorta. Ma alla fine dovrebbero allinearsi.

La seconda. A chi il danno? In generale, alle forze politiche di basso o nullo potenziale di coalizione. Così, in primo luogo, M5S. Sentiamo da autorevoli esponenti del Movimento che si voterà con quel che c’è dopo le sentenze della Corte costituzionale. Capiamo bene che il Consultellum conviene al Movimento assai più della ipotesi in campo, che non nasce per caso. Poi, dire che si vincerà con qualunque legge elettorale accarezza l’orgoglio dei militanti. Ma la realtà è che M5S potrebbe conquistare la palma di primo partito, risultando però terzo in una corsa elettorale solitaria contro due coalizioni, compresso nella rappresentanza dal premio ai vincenti.

Riceverebbero poi un colpo grave, forse mortale, la sinistra più a sinistra e le forze civiche che volessero rimanere autonome. Escluse da una coalizione con il Pd, e da questo – oltre che dal voto utile – ridotte ai minimi termini, potrebbero non superare lo sbarramento, pur basso. Dai collegi piccoli verrebbe un ostacolo ulteriore, con soglie di fatto più alte di quelle formalmente stabilite. Del resto, la conquista di un minimo obolo di parlamentari sarebbe politicamente irrilevante di fronte a maggioranze garantite dal premio.

Quindi, il ritorno al bipolarismo forzoso. Inoltre, non si avvia nel sistema politico italiano il consolidamento nel lungo periodo di forze organizzate stabilmente strutturate. Questo è un danno al paese. Proprio i meccanismi maggioritari sono stati almeno determinante concausa della frammentazione, del dissolvimento e della feudalizzazione dei partiti un tempo organizzati, e in ultima analisi della degenerazione delle assemblee elettive in forme che ricordano l’antico notabilato. Le ipotesi qui richiamate confermano i tratti degenerativi che sono stati e sono causa di instabilità e di debolezza politico-istituzionale del paese.

Infine, la terza domanda. E la Costituzione, le sentenze della Corte, il referendum? Qui siamo alla presa in giro. Non sfuggono le similarità con il Porcellum e l’Italicum, entrambi in vario modo incostituzionali. Sul premio di maggioranza reintrodotto, avremmo in partenza una soglia più bassa (35%) di quella (40%) censurata con la sentenza 1/2014. Anzi, con il crescere del premio, si potrebbe – giungendo al 40% dei voti – persino superare il tetto dei 340 seggi allora previsti. E l’eccesso di disproporzionalità tra voti e seggi lo dimentichiamo? Quanto ai capilista bloccati, le analisi ci dicono che i parlamentari a voto bloccato potrebbero giungere fino al 70% del totale. E il voto libero e uguale? Il diritto degli elettori di scegliere i propri rappresentanti?

La proposta in campo ci dimostra quanto fossero fragili gli argini eretti dalla Corte costituzionale (1/2014 e 35/2017). Molte parole e poca sostanza.

Troppo labile la definizione dei principi e dei diritti costituzionalmente protetti, troppo ampia la discrezionalità lasciata al legislatore. Il senso profondo del voto referendario è cancellato. Perciò bisogna riprendere la battaglia politica, qui e ora, nel paese e nel dibattito che si avvia in Parlamento, per un sistema di impianto proporzionale e parlamentari scelti dagli elettori. Ai morti che ritornano non daranno certo risposta quelli che saranno sepolti e rimarranno nelle tombe.