Il viadotto Bagnara, sull’autostrada A12 tra Nervi e Recco, è coetaneo del Morandi. Poco più di 260 metri sorretti da quattro piloni. Come per il ponte crollato sul Polcevera, calcestruzzo e acciaio, ma senza la struttura a tiranti che ormai chiunque ha presente. Chi abita in zona ha più volte manifestato preoccupazione per le crepe, anche se superficiali, e i tondini arrugginiti che spuntano dal cemento del viadotto che, si vede, ha subito lavori di manutenzione piuttosto recenti.

Tapulli è la parola genovese per indicare i rattoppi, ma il Bagnara non è considerato pericoloso. È però uno dei tanti, tantissimi ponti sui quali corrono i collegamenti a Genova e dintorni. Alcuni di questi ponti sono in gestione ad Autostrade, altri ad Anas. Secondo una circolare del provveditorato alle Opere pubbliche e secondo il ministero dei Trasporti a verificare lo stato di salute di molte fra queste costruzioni – parliamo di 365 ponti, viadotti, passerelle sul territorio del Comune e di quasi 1300 su quello della Città metropolitana – dovrebbero essere gli enti locali. A loro spese.

Praticamente una lotta contro i mulini a vento. Per capire quanto la situazione possa sfuggire di mano da un momento all’altro basti pensare che tra i 23 ponti che per il Comune di Genova necessitano di interventi di manutenzione non rientra il ponte Don Acciai, al Lagaccio. Da anni i residenti del quartiere di periferia, popolare e popoloso, lamentano la presenza di crepe inquietanti sulla campata, ma solo domenica scorsa, in piena psicosi Morandi, si sono viste transenne che annunciavano l’avvio di un intervento per la messa in sicurezza. L’amministrazione pubblica spenderà, per quell’opera, 1,2 milioni che, per un bilancio comunale, assai diverso da quello di Società Autostrade, sono tantissimi.

Tuttavia c’è un solo ponte osservato speciale, adesso, ed è il Morandi. Ieri mattina sul gruppo WhatsApp degli sfollati appare un avviso che non lascia presagire nulla di buono. «Nelle prossime ore non allarmatevi, sentirete dei rumori molto forti, in corso operazioni per assicurare la stabilità». Milena Borrini, 40 anni, insolitamente elegante, spinge un grande trolley, allarga le braccia e sorride: «È da ieri sera che mi dicono di presentarmi per andare a raccogliere alcuni oggetti personali, ma anche oggi niente». Poco dopo inizia a circolare la notizia che l’abbattimento del moncone est, quello che come una tettoia resta in bilico sopra i civici di via Porro, è questione di poco tempo. Non certo di 48 ore, come l’assessore alla Protezione civile della Regione Giacomo Giampedrone dice in tv e come qualcuno vocifera sotto i gazebo a 40° al varco di via Fillak. Ma neppure di mesi. Poi toccherà al moncone ovest. Ed è per questo che la partita legata alla ricollocazione degli abitanti scacciati dalla minaccia di un nuovo cedimento si accende. Dopo una luna di miele di una settimana tra sfollati e Comune di Genova – il soggetto che nel concreto si sta occupando di organizzare i trasferimenti – oggi i primi segnali di crisi.

A rompere il delicato equilibro lo sbarco di due infopoint di Autostrade, «punti di contatto» li definisce un comunicato stampa della società, uno a sud e uno a nord del ponte. Allo sportello di via Gaz, tra gli armadietti di una scuola media, seduti dietro un banco troppo piccolo per loro, due addetti forniscono ai cittadini le coordinate per accedere ai contributi legati al fondo per le prime urgenze istituito da Autostrade. In questo momento, quelle persone, svolgono il lavoro meno invidiato del mondo. «Sono gentili, mica ce la prendiamo con loro – dice Franca Placanica, all’infopoint al posto della madre sfollata – però mica gliel’ho dato l’iban, prima di firmare qualsiasi cosa dobbiamo confrontarci con gli altri».

A Genova esiste un modo di dire applicato al turismo: «State a casa e mandateci i soldi». Ma al di là delle battute, la diffidenza è palpabile. A qualcuno non piace che i colloqui si svolgano singolarmente. «Non vorremmo dire sì a 10 mila euro – afferma Yvonne Zelize, inquilina di via Porro 5 – e poi dover rinunciare ai risarcimenti futuri». Agli sportelli hanno un bel da fare a spiegare che non sarà così, ma i dubbi stentano a essere dissipati tanto che questa sera il comitato di cittadini sfollati si riunirà in un’assemblea per fare il punto.