È uno spirito inquieto sempre fuori dalle logiche di mercato, Enzo Gragnaniello. Per lui scrivere, comporre è una missione: «Non scendo mai – spiega – a compromessi. La dignità è un valore essenziale per me». Misteriosamente è il nuovo capitolo di una carriera discografica iniziata nel 1983, composto da dodici brani firmati , prodotti e arrangiati dallo stesso cantautore – per tre volte vincitore della Targa Tenco – e che comprendono anche un paio di duetti con Raiz – nella canzone che intitola l’intero lavoro – e Nino Buonocore in Quale futuro vuoi: «Ci stimiamo moltissimo e lo ritengo da sempre un artista estremamente elegante e che usa la sua voce come uno strumento. Rendendo poetica anche la sua erre moscia…». Pezzi arrangiati in chiave acustica da un gruppo di musicisti consolidato: Piero Gallo, Aniello Misto, Marco Caligiuri, Gennaro Franco, Daniele Sepe fra gli altri: «Non saprei lavorare con turnisti, bravissimi per carità, ma è importante che chi collabora con me si senta coinvolto e abbia lo stesso sentimento. Sono musicisti…più artisti dentro». Na bella vita non è inedita, Enzo la scrisse per gli Almamegretta. «Era un pezzo che volevo fare io sin da principio, poi gli Alma me l’hanno chiesta e non gli ho detto di no. L’ho voluta eseguire in chiave più acustica, così come ho fatto per L’erba cattiva che avevo già inciso nel 2007. Poi Gennaro Porcelli, il chitarrista di Bennato, mi ha fatto sentire un nuovo arrangiamento. Bellissimo e non ho resistito alla tentazione di rientrare in sala di registrazione…».

Misteriosamente ha radici etniche profonde ma il retroterra è quello di un napoletano nato a Vico Cerriglio, il vicolo più stretto della città. Gragnaniello è forse l’erede più diretto della tradizione napoletana, e uno dei punti più alti della sua discografia è proprio Posteggiatore abusivo (1997), rivisitazione dei grandi classici. Un capolavoro: «Dipende dall’interpretazione, ci vuole il cuore devi amare quelle melodie, quelle storie. E poi è un dono naturale, o ce l’hai o non ce l’hai…». La sua carriera è costellata di incontri, ma nel cuore resta soprattutto quello con Mia Martini: «Me la fecero conoscere degli impresari che l’avevano portata ad esibirsi in un ristorante vicino Napoli. Erano gli anni in cui non se la passava bene per via di quelle assurde dicerie e doveva lavorare comunque. Restai folgorato e la sera stessa composi Donna che registrai su un quattro piste, il giorno dopo gliela feci ascoltare. Era impazzita, emozionata e su quel brano ha poi costruito l’album del rilancio a Sanremo (Almeno tu nell’universo, 1989 ndr). Mimì possedeva un timbro vocale capace di esprimere dolore e al contempo grande gioia di vivere».

Il disco si chiude sulle note de Il viaggio per un amico, è Pino Daniele?: «Sì, è lui. L’ho voluta fare strumentale, con vocalizzi e senza parole. Non servivano, è un colloquio molto, molto intimo fra lui e me».