La Russia inizierà a fornire alla Turchia sistemi di difesa anti-missile S-400 già nel 2019, ha dichiarato ieri a Ria Novosti Alexander Mikheev, presidente di Rosoboronexport, l’azienda russa produttrice del missile. L’S-400 Triumph è in grado di colpire bersagli a distanze fino a 400 km e obiettivi balistici tattici a distanze fino a 60 km.

Molti paesi (tra cui India e Arabia saudita) hanno iniziato a interessarsi a quest’arma perché, a differenza del similare Patriot americano, sarebbe in grado di colpire obiettivi anche a bassa quota e costerebbe nettamente meno del prodotto concorrente Usa.

Già un anno fa Erdogan e Putin erano giunti a un accordo di massima per l’acquisto del sistema di difesa russo. Accordo poi perfezionato nell’autunno scorso quando veniva annunciato l’acquisto da parte turca di quattro divisioni di S-400 per 2,5 miliardi di dollari. Un maxi-contratto che aveva provocato la piccata reazione del segretario di Stato Mike Pompeo che allora aveva tuonato: «L’acquisto di armi da paesi avversari della Nato è una provocazione per tutta l’Alleanza».

Pompeo aveva anche minacciato di non fornire più alla Turchia il «top gamma» dell’aviazione militare americana, il caccia F-35 di quinta generazione sul quale la Turchia ha investito per la realizzazione un miliardo di dollari.

Ma Erdogan ha tirato dritto e tre giorni fa ha annunciato di aver versato sui conti russi la prima tranche di pagamento, rendendo così possibili le forniture un anno prima di quanto previsto dagli accordi. Per René Clarke Cooper, segretario di Stato aggiunto per gli affari politico-militari, la fornitura degli S-400 alla Turchia «rappresenta una scelta catastrofica».

L’accelerazione nella consegna del sistema di difesa anti-missile è evidentemente una mossa ulteriore nella durissima partita a scacchi che si gioca tra Ankara e Washington da qualche settimana a questa parte. Dopo l’ormai celebre tweet con cui Trump ha imposto il raddoppio dei dazi su alluminio e acciaio turchi, la risposta di Erdogan è stata essenzialmente politica: con la minaccia dell’uscita dalla Nato ha incanalato la sua politica estera in una direzione esplicitamente multipolare. Da allora le linee di comunicazione tra i due paesi sono interrotte.

Di converso i rapporti con Mosca si fanno sempre più stretti. Dimenticati gli antichi dissapori e ripresi gli scambi commerciali, Russia e Turchia hanno tessuto il filo degli accordi di Astana. Putin e Erdogan hanno già fissato un incontro dopo l’estate. Non c’è dubbio che discuteranno di come coordinare il contrasto al nemico comune d’oltreoceano.