I toni sono pacati, ma non lasciano dubbi sul messaggio che si vuole trasmettere. Il giorno dopo l’«indebita interferenza» compiuta dal ministro degli Interni Matteo Salvini con l’ultima direttiva sui porti, lo stato maggiore della Difesa interviene per ribadire quanto in realtà dovrebbe essere scontato: «Le Forze armate – è scritto in una nota – sono uno strumento tecnico operativo al servizio del paese e ogni attività viene pertanto svolta in aderenza alle indicazioni politiche e seconda la prevista linea gerarchica». Linea gerarchica, che tradotto significa dal Capo dello Stato, al ministro della Difesa, ai vertici militari.
Una risposta al ministro leghista che invece vorrebbe coinvolgere anche le Forze armate nelle operazioni per fermare le navi delle ong, e che non può non essere stata concordata con la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, con cui il leader della Lega si scontra ormai da giorni. Al punto che intercettata dai giornalisti alla Camera, Trenta taglia corto a chi le chiede se ha avuto modo di chiarirsi con il collega degli Interni: «Non abbiamo parlato, perché lui era impegnato e anche io», spiega.
E’ chiaro che almeno fino al 26 maggio, giorno in cui si voterà per le elezioni europee, Salvini e la componente 5 Stelle del governo marceranno ognuno per proprio conto. La riprova è arrivata anche ieri, quando invece di smorzare i toni, il titolare degli Viminale è tornato ad attaccare quanti hanno chiesto di rivedere la politica dei porti chiusi a causa del precipitare della crisi libica. «Il Viminale lavora in prefetta sintonia con la Difesa» dice rispondendo alla presa di posizione delle Forze armate. Per poi attaccare subito dopo: «Se però qualcuno, per ragioni politiche, vuole o immagina i porti riaperti lo dica chiaramente. Da responsabile dell’Interno confermo che in Italia entra solo chi ha il permesso». E a Luigi Di Maio, che aveva criticato al direttiva sui porti affermando che non è così che si fermano gli 800 mila migranti che potrebbero arrivare in Italia (cifra fatta nei giorni scorsi dal premer libico Al Serraj) replica: «Vedo i numeri, e i numeri dicono il contrario. I numeri degli sbarchi, delle partenze e fortunatamente dei morti e dei dispersi dicono che stiamo gestendo bene il tema dell’immigrazione».
Sul tema interviene anche il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi per il quale la cifra fatta dal premier libico, e rilanciata da Salvini e Di Maio, sarebbe esagerata. «Non ci risulta», dice. «E’ una cifra esorbitate rispetto ai numeri estremamente inferiori che ci risultano e che sono nell’odierna di qualche migliaio». Una posizione diversa da quella della Trenta, che giudica «reale» un aumento consistente degli sbarchi.
Le prossime ore saranno decisive per capire la tenuta del governo sul tema immigrazione. E paradossalmente dipenderà in parte anche dalla nave Mare Jonio contro al quale è diretta l’ultima direttiva del ministro degli Interni. L’imbarcazione della piattaforma Mediterranea è partita ieri e dirige verso l’area Sar libica. Cosa accadrà se e quando interverrà in soccorso di un barcone carico di migranti in fuga dal paese nordafricano? Tanto più se dovessero riprendere le partenze in massa. «Se dovessero arrivare migliaia di richiedenti asilo non può bastare l’approccio porti chiusi», ha già avvertito il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, che pure finora ha sempre appoggiato Salvini. E per quanto non rappresenti una sorpresa, un’analoga presa di distanze dall’alleato arriva anche da Roberto Fico, per il quale la questione porti chiusi è ormai secondaria: « In questo momento – ha spiegato il presidente della camera – dobbiamo affrontare una crisi che è in Libia e risolvere un’emergenza che è lì. Se poi accadrà, e spero no accada, una crisi umanitaria, è chiaro che investe tuta l’Europa e deve affrontarla tutta l’Europa».