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Quante volte i militanti ambientalisti si sono sentiti dire, fra l’ironico e l’amichevole: «Ah, voi siete quelli delle cause perse…»? È dunque impossibile resistere ai potenti? No. Ecco un libro che elenca oltre ottanta casi italiani di lotte territoriali vincenti, suddivise per tematiche. Del buon esito si rivelano come, dove, chi, quando, quanti… Il curatore – e redattore di molti dei casi studiati – è Michele Boato, animatore dell’Ecoistituto del Veneto. La persona giusta: di campagne vincenti, nel Nord-Est, ne ha portate avanti tante.

Una «ventata di speranza nel futuro»: così questo libro corale – corredato di foto introvabili fornite dai protagonisti – è definito dal professor Giorgio Nebbia, il quale ha scritto la storia delle lotte di alcuni scienziati e giornalisti indipendenti; «Quattro soggetti si contrappongono in ciascuna battaglia: gli inquinatori, gli inquinati, le amministrazioni e autorità locali che dovrebbero difendere il bonum publicum, e poi chi protesta per difendere i diritti propri e degli altri».

Per costruire un buon modello bisogna parallelamente operare per demolire quello sbagliato. Così, nella sola Italia sono centinaia i conflitti ambientali, contro interessi che prendono spesso le sembianze di grosse opere, fondate sul modello fossile, inutili, pletoriche, costose e dannose per la salute. Basi militari. Autostrade, strade e svincoli. Linee ad alta velocità. Inceneritori. Discariche. Aeroporti. Centrali a carbone. Industrie gravemente inquinanti. Trivellazioni e raffinerie. Cementifici. Centri commerciali. Poli logistici. Cave. Palazzine, palazzoni e capannoni. Porti turistici. Antenne ed elettrodotti. Minacce ai parchi. Decimazione di alberi. Caccia spietata.

Le storie di «chi e come ce l’ha fatta» sono piccole epopee di eroi di tutti i giorni. Contro la rassegnazione e l’omertà. Per ogni caso, in queste pagine sono descritti con chiarezza i meccanismi (intrecciare la partecipazione popolare con il coinvolgimento dei politici e degli enti pubblici; magari anche una sola consigliera comunale o funzionario locale cocciuto), i segreti (arrivare in tempo, prevenire; ma anche durare nel tempo), gli attrezzi più efficaci. La loro cassetta completa è elencata al fondo del libro e comprende le varie azioni nel campo della comunicazione, le manifestazioni, i digiuni a staffetta (come quello di mille giorni contro un inceneritore), gli strumenti legali, gli incatenamenti, le occupazioni e i blocchi, i boicottaggi, le marce extraurbane. Con un’importante avvertenza. Al bando il Nimby (Not in my backyard). Le cause vinte sono aperte e solidali.

Il movimento più perseverante? Quello dei contadini della Val Bormida: un secolo di lotte per spuntarla contro il disastro ecologico provocato dalla fabbrica chimica di Cengio, al confine fra Liguria (beneficiata dall’occupazione) e Piemonte (che subisce l’inquinamento). Il fiume è rinato, futuro dell’ex stabilimento incerto. Un’altra battaglia testarda e duratura è la No Tav della Valsusa. Ma non è ancora vinta. Chissà se ce la farà prima della prossima edizione del libro.

Quelli delle cause vinte. Manuale di difesa dei beni comuni, a cura di Michele Boato, I libri di Gaia, Mestre 201