«Quelle avvenute ieri pomeriggio e sabato scorso, sulle provinciali della Capitanata, sono state stragi annunciate e non soltanto fatalità racchiuse nel giro di 48 ore». Lo afferma con voce stanca, dopo l’ennesima giornata passata sulle strade a guardare i corpi stravolti dalle lamiere contorte sull’asfalto, Daniele Iacovelli, segretario Flai Cgil Foggia. Il sindacato di categoria della Cgil è da molti anni impegnato nella lotta contro il caporalato, dagli sportelli di ascolto all’assistenza per i migranti sino al rapporto «Agromafie e Caporalato», arrivato alla quarta edizione, dove in oltre trecento pagine viene descritto un dramma oramai conosciuto da tutti, ma ancora oggi apparentemente inestirpabile.

Qual è la situazione nelle campagne del foggiano dopo lo sgombero del Gran Ghetto di Rignano Garganico nel 2017?
In realtà quel ghetto, una volta smantellato, è stato subito rimesso in piedi, attraverso la costruzione di baracche e l’utilizzo di vecchie roulotte, che costano 300 euro l’una e che qualcuno dovrà pur aver fornito ai migranti, posizionate dall’altro lato della strada del terreno che fu sequestrato: oggi si trovano all’incirca 600 persone. E da lì provenivano i quattro braccianti morti sabato scorso così come gli altri quattro loro compagni che si trovavano a bordo del furgone scontratosi con un camion. È un dato certo, visto che alcuni di loro frequentavano anche i nostri sportelli. Mentre non abbiamo ancora informazioni certe sulla provenienza degli altri braccianti morti ieri.

Eppure con la legge 199 del 2016 sembrava che le cose stessero prendendo una piega diversa
La legge sul contrasto al caporalato è di per sé molto buona e dove viene applicata funziona. Il problema è che per esempio, qui a Foggia, quella legge non viene quasi per nulla tenuta in considerazione. La maggior parte delle responsabilità è dei proprietari delle aziende e dei terreni agricoli dove i migranti vengono sfruttati ogni giorno per tutto l’anno, specialmente in estate. I proprietari conoscono perfettamente la situazione dei vari ghetti presenti in provincia di Foggia, il dramma dello sfruttamento del caporalato e gli affari che la malavita organizzata trae da tutto questo, ma si guardano bene dall’assumersi le loro responsabilità e mettere i lavoratori in regola come invece la legge prevede.

Gli ultimi drammatici incidenti mettono in risalto anche un altro dato: i migranti si recano sui luoghi di lavoro con mezzi propri o a loro affidati
La casistica ultimamente prevede tre possibilità. Quella tradizionale è che questi furgoni vengano guidati dai caporali veri e propri. Dopo di che può anche accadere che i caporali affidino la guida di questi mezzi ai migranti stessi oppure che qualche amico dei braccianti si offra volontario per accompagnarli e poi riprenderli sul luogo di lavoro. Parliamo comunque di furgoni che spesso si aggiustano loro, i braccianti, col fil di ferro, cambiandoci i pezzi. Vendono e comprano olio raccolto da altre macchine e così si recano sul luogo di lavoro. Sabato è stata una fortuna che a bordo fossero soltanto in quattro: spesso sono anche in quindici o in più di venti, assiepati e stremati da una giornata di lavoro. Basta una distrazione o un colpo di sonno perché si arrivi alla tragedia. Ecco perché non ci stupiamo di quanto accaduto. Anzi è una fortuna se sino al 4 agosto non era ancora successo nulla del genere.

Il tutto è accaduto proprio mentre imperversano le polemiche sull’estensione dei voucher nel settore agricolo e la poi smentita possibilità di abrogare la legge 199
I voucher sono un danno drammatico per il settore agricolo che è già il più flessibile nel mercato del lavoro. Introdurli nel settore agroalimentare, che cresce del 7% e ha nel nostro territorio l’area più produttiva d’Italia (dopo l’Emilia Romagna), è un’assurdità. È impensabile che la legge 199 venga anche solo modificata.