Tra il 2011 e il 2017, nell’Ue la quota di migranti che lavora in agricoltura è aumentata dal 4,3% al 6,5% del totale degli occupati nel settore. In Danimarca, Spagna e Italia l’agricoltura assorbe una percentuale di lavoratori stranieri più alta di quasi 8 punti rispetto alla zona Ue. Sono i dati raccolti dal rapporto sulla migrazione e le aree rurali, pubblicato dal Centro comune di ricerca della Commissione europea. In Italia, in particolare, la percentuale dei lavoratori stranieri impiegati nel settore è aumentata dal 15 al 20% del totale dei migranti, soprattutto lavoratori stagionali per la produzione di frutta e ortaggi.

I paesi europei con la più alta presenza della popolazione migrante nelle aree rurali, in termini relativi, sono Lussemburgo (40%), Cipro (15,1%), Svezia (14,9%), Irlanda (11,9%), Germania (9,6%) e Italia (circa 9%). Nell’Ue i migranti rappresentano il 14,5% della popolazione totale che vive nelle grandi aree metropolitane, a differenza del 10,2% che vive nelle città e del 5,5% nelle aree rurali. In Italia la distribuzione geografica è più omogenea, con un alto numero di migranti che vivono nelle aree rurali e una piccola differenza delle quote tra aree rurali e città. Secondo il Centro di ricerca, la presenza di migranti nei paesi agricoli presenta sfide come lontananza, isolamento, accesso limitato ai servizi e opportunità come, in particolare, contrasto allo spopolamento.

Eppure un anno di Matteo Salvini al Viminale (e del leghista Gian Marco Centinaio al dicastero delle Politiche agricole) non ha aiutato il settore nel superleghista Veneto. Paolo Quaggio, presidente di Cia Venezia, ha commentato le quote di ingresso per lavoratori extracomunitari previste dal decreto flussi per il 2019, predisposte dal ministero dell’Interno: «Su un totale italiano di 18mila ingressi consentiti, alla provincia di Venezia ne sono stati assegnati 20 per lavoratori extracomunitari stagionali, che possono essere impiegati in qualsiasi settore. Venti persone per bar, ristoranti, alberghi, spiagge. E le imprese agricole, che sono anch’esse fortemente condizionate dalla stagionalità? Siamo in fase di semina di colture e raccolta di altre. Tra poche settimane comincerà la vendemmia. Con sempre meno posti stagionali regolari, rischiamo di aprire le porte allo sfruttamento e al caporalato».