«Non credo che una persona lasci il suo paese se non è costretto a farlo. Chi oggi fugge lo fa perché cerca una nuova opportunità di vita, desidera qualcosa che la sua patria non può offrirgli». 38 anni, sposato con tre figli, la scorsa settimana parlando a Capri al convegno dei giovani imprenditori di Confindustria, dei quali è presidente, Marco Gay ha usato parole di estrema apertura nei confronti dei migranti. «Senza di loro – ha spiegato – l’Italia non ce la potrebbe fare». E di fronte alla «carneficina» che quotidianamente avviene nel Mediterraneo è convinto che non si possa fare altro che rimboccarsi le maniche e accogliere quanti arrivano lungo le nostre coste. E che l’Europa debba fare altrettanto. «Bene ha fatto il presidente del consiglio Renzi ad alzare i toni a Bruxelles, perché quello migratorio non è un fenomeno che possiamo gestire da soli».

La convince il modo in cui l’Europa sta affrontando questa crisi?
Finalmente si comincia a vedere la reazione che ci aspetterebbe dagli Stati uniti d’Europa, con paesi disponibili ad accogliere i profughi. E’ chiaro che vedere muri o recinti che vengono tirati su colpisce negativamente. Appartengo alla generazione che ha vissuto il crollo del muro di Berlino come un momento storico e sono sicuro che i padri fondatori dell’Europa avessero l’intenzione di creare una grande nazione multiculturale, dove i popoli potessero circolare liberi.

Si fa distinzione tra richiedenti asilo e migranti economici. Parlando di quest’ultimi lei a Capri ha detto che l’Italia senza di loro non ce la può fare.
E’ una riflessione che nasce da alcuni dati incontrovertibili: oggi il saldo della gestione del flusso migratorio, quindi dei lavoratori e degli imprenditori stranieri che nel nostro paese vivono e pagano le tasse, è positivo per quasi 4 miliardi di euro. E questo è un dato economico. Dopo di che una potenza come la nostra non può che arricchirsi del processo migratorio. Se aiutato e formato, chi arriva in Italia può diventare un fattore economico positivo in termini di reddito e opportunità di lavoro ma anche di incremento demografico. Chiaramente serve una crescita economica del paese, altrimenti andiamo ad aggiungere disoccupati a disoccupati.

Che reazioni ha avuto tra i giovani industriali?
Devo dire che c’è consapevolezza di quanto sta accadendo, anche perché non mancano esempi positivi di integrazione. Penso agli Stati uniti dove grandi aziende come Apple, Google, Facebook, Ebay sono state create da migranti o figli di migranti. Sono convinto che siamo in grado non di subire l’immigrazione, ma di trasformarla in un’opportunità per l’intero paese. I miei colleghi sono convinti come me che ci sia bisogno di regole chiare, quindi chi non ha diritto di stare in Italia non deve restarci, ma chi invece ne ha diritto non deve essere visto come una minaccia ma come una risorsa.

Lei si è detto anche disponibile a dare una mano nell’accoglienza dei migranti. Cosa potrebbero fare gli industriali?
I giovani sono disponibili a collaborare con il ministero dell’Interno e le prefetture. Possiamo offrire i nostri prodotti e servizi: lenzuola, viveri, generi di prima necessità. Credo sia giusto coinvolgere le imprese e credo che le imprese debbano rendersi disponibili. Per altro molti miei colleghi lo stanno già facendo. Ne abbiamo parlato con il ministro Alfano, penso sia opportuno farlo anche con le istituzioni presenti nel territorio. Ci sono anche dei programmi europei di tutor o di mentorship per aiutare i migranti ad aprire un’attività.

Il presidente di Confindustria Squinzi non sembra però pensarla come lei e crede che se bisogna assumere la precedenza vada data agli italiani. Mi pare di capire che Confindustria è divisa.
Assolutamente no. Il presidente Squinzi anzi è spesso in prima linea se si parla di accoglienza, sostiene una fondazione che favorisce la crescita di opportunità e sviluppo nei paesi africani. E’ chiaro che quando queste persone vengono qui c’è bisogno di un mercato interno che funzioni in modo da dare lavoro ai nostri cittadini lasciando però che ci siano anche opportunità per chi ha il diritto di restare in Italia.

Ci sono partiti che non saranno d’accordo con le cose che lei dice, e che anzi sono per la chiusura delle frontiere.
Oggi chiudere le frontiere è impensabile. Credo che nessuno resti indifferente di fronte alle immagini dei barconi che arrivano sulle nostre coste. Detto ciò dobbiamo trovare il modo per conciliare l’accoglienza con la nostra capacità di integrarla.

Cosa pensa della nuova legge che consente ai chi nasce nel nostro paese di diventare cittadino italiano?
Sono assolutamente d’accordo. Mi ritrovo nel riconoscere diritti a chi
nasce in questo paese, chi è in regola e rispetta le leggi.

Non pensa di rappresentare un’anomalia tra gli imprenditori per queste sue posizioni?
Non credo, perché riscontro nei giovani imprenditori e non solo in loro un sentimento pari al mio. Se poi essere anomalo significa avere rispetto per chi è in difficoltà forse mi va bene essere anomalo, ma non credo di essere da solo.