Quello di oggi a Lesbo è uno dei viaggi più brevi e nello stesso tempo più importanti di papa Francesco.
Poco meno di cinque ore nell’isola dell’Egeo in cui nacquero la poetessa Saffo e il poeta Alceo e che oggi si presenta come una delle frontiere più avanzate del Mediterraneo. Non più il mare crocevia dei popoli narrato dallo storico Fernand Braudel, ma il mare fossato di separazione voluto dai governatori della fortezza Europa. Quando non il mare tomba dei migranti, come ricordato dallo stesso Francesco durante la Via Crucis di quest’anno al Colosseo.
In Vaticano, nonostante le smentite obbligatorie, si ha ben presente il significato politico della visita del papa a Lesbo. Ieri, presentando il viaggio, il direttore della sala stampa della Santa sede, padre Federico Lombardi, ha precisato che si tratta di una visita «di natura strettamente umanitaria ed ecumenica», che «non ha direttamente nessun risvolto di prese di posizione politiche». Poi però ha parlato di «una situazione in cui ci sono tante persone che soffrono di problemi le cui soluzioni non sono state trovate. Questo mi sembra che sia assolutamente evidente. Il fatto stesso che ci sia una situazione seria e grave di carattere umanitario da richiamare all’attenzione, significa che c’è ancora molto da fare per trovare soluzioni degne dell’uomo». E il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e coordinatore del Consiglio dei cardinali che sta mettendo a punto, insieme al papa, la riforma della Curia romana, a margine della Conferenza per il 25.mo della Centesimus Annus promossa dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali – a cui partecipano importanti leader socialisti di tutto il mondo, come il presidente boliviano Evo Morales e il candidato alle presidenziali Usa Bernie Sanders – ha detto alla Radio Vaticana: «Nel momento in cui alcuni Paesi cercano di chiudersi, il papa “si apre” e si apre fino ad arrivare a Lesbo», anche «per far riflettere tutta la comunità sul fatto che i rifugiati e i migranti non sono dei nemici» e che «i muri sono la negazione della solidarietà».
È più esplicito mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, l’organismo pastorale per le migrazioni della Cei: «Questa visita assume un significato politico molto importante. Nel momento in cui crescono i muri, c’è una chiusura, c’è l’esternalizzazione verso la Turchia della protezione internazionale da parte dell’Europa, il viaggio diventa una critica forte a questa politica perché ritrovi la solidarietà e l’attenzione a un diritto fondamentale su cui si poggia la democrazia».
Il papa atterrerà all’aeroporto di Mytilene poco dopo le 10 di questa mattina. Ad accoglierlo troverà il premier greco Alexis Tsipras – con cui avrà un breve incontro privato – ma anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, e l’arcivescovo della Chiesa ortodossa di Atene e di tutta la Grecia, Ieronymos. Per questo, la visita di Francesco a Lesbo riveste anche un forte significato ecumenico. Tutte le attività in programma, infatti, verranno svolte insieme da tutti e tre i capi religiosi: la visita al campo profughi di Moria (che ospita circa 2.500 richiedenti asilo), la firma di una dichiarazione congiunta, la memoria e la preghiera per le vittime delle migrazioni al porto.
Alle 15 il rientro a Roma.
«I migranti non sono dei nemici»
Il discorso. Quello di oggi a Lesbo è uno dei viaggi più brevi e nello stesso tempo più importanti di papa Francesco. Poco meno di cinque ore nell’isola dell’Egeo in cui nacquero […]
Il discorso. Quello di oggi a Lesbo è uno dei viaggi più brevi e nello stesso tempo più importanti di papa Francesco. Poco meno di cinque ore nell’isola dell’Egeo in cui nacquero […]
Pubblicato 7 anni faEdizione del 16 aprile 2016
Pubblicato 7 anni faEdizione del 16 aprile 2016