«Il paese dell’irrealtà»: così il sociologo Ilvo Diamanti inquadra l’Italia durante la presentazione del settimo rapporto redatto dall’associazione Carta di Roma con Osservatorio di Pavia e Demos&Pi. Un lavoro che, analizzando carta stampata e telegiornali, restituisce la rappresentazione del fenomeno migratorio nel sistema informativo nazionale. «Notizie senza approdo» si intitola il dossier, evidenziando così uno degli aspetti su cui insiste l’analisi, ossia la mancata aderenza dell’informazione alla realtà.

Di fronte a una presenza straniera stabile (8.7%, in linea con gli anni precedenti), l’esposizione mediatica cresce. Nel 2019 il tema è apparso sulle prime pagine dei quotidiani il 30% di volte in più rispetto al 2018, e nel primo semestre del 2019 i tg hanno dedicato all’immigrazione il numero più alto di servizi degli ultimi 15 anni. Quello che cambia è la percezione: se fino a pochi anni fa informazione e senso di insicurezza si rincorrevano, ora questa relazione viene meno, con un calo di dieci punti dell’insicurezza percepita. «Seguendo le logiche della comunicazione gli immigrati sono diventati oggetto di spettacolo. E in quanto tale se ripetuto all’infinito ci si abitua: oggi il 33% dei cittadini vive l’immigrazione con ansia. Un dato che sembra alto ma che va rapportato a due anni fa, quando era il 43%, otto punti in meno», specifica Diamanti.

E’ su questa ricerca di spettacolo che certe dimensioni tematiche emergono e altre si riducono. La visibilità maggiore è data ai flussi, che interessano il 51% dello spazio mediatico analizzato, con il 48% dei servizi legati a «partenze, arrivi, porti», in particolare rispetto alle operazioni delle ong. Nello stesso tempo si osservano i valori più bassi degli ultimi 5 anni per la narrazione sull’accoglienza, con una percentuale di visibilità dell’8.5% su giornali e tg. «Si parla di sbarchi ma non di cosa succede dopo» afferma Valerio Cataldi, presidente di Carta di Roma, sollecitando il mondo del giornalismo: «La politica lancia slogan e le redazioni si adeguano. E gli slogan sono fatti di parole: ‘invasione’ nel 2019 è stata scritta nei giornali 730 volte. Ma se i dati ci parlano di altro, il giornalismo deve da una parte riportare la realtà, e dall’altra chiedere conto a chi questi slogan li grida».

Da questo punto di vista il report evidenzia la «politicizzazione del dibattito sull’immigrazione», declinato in confronti politici senza analisi. Nei telegiornali in oltre 1 servizio su 3 è presente la voce di esponenti politici. Nel 2019 è stato l’ex ministro dell’Interno Salvini il protagonista del dibattito, senza contronarrazioni ad eccezione della voce della capitana di Sea Watch 3 Carola Rackete, da giugno indicata mediaticamente come antagonista all’ex ministro, in un’ottica non di informazione ma di «rinforzo al frame emergenziale conflittuale».

Le voci che mancano sono quelle dei migranti. «Se facciamo il paragone con altri temi notiamo la differenza: ad esempio – spiega Paola Barretta, curatrice del dossier – se si parla di economia troviamo esponenti politici ma anche rappresentanti di categoria. Invece con l’immigrazione i protagonisti restano sullo sfondo». Nel 2019 la voce di migranti e rifugiati si trova solo nel 7% delle notizie, relegata in particolare a dimensioni di fragilità, minaccia e razzismo. «Usciamo da questa narrazione di odio da una parte e compassione dall’altra» sollecita Ozlem Onder di Unire, cui fa eco Djarah Kan del blog Future: «Ho iniziato a scrivere osservando quanto la narrazione della realtà fosse falsata. Dobbiamo ristabilire il principio della verità come composizione di più voci».