Donald Trump ha deciso di far rientrare nelle basi di provenienza 2000 dei 5400 militari schierati al confine, dopo che è stato sollevato il dubbio sulla loro effettiva utilità alla frontiera.

Intanto, a Tijuana, Messico, continuano i lavori sulla palizzata di ferro che divide Stati uniti e Messico. Il muro di Clinton sta diventando sempre più conforme alle idee di Trump che lo vuole su tutto il confine.
La costruzione avviene davanti agli occhi di circa seimila latino americani arrivati con la carovana migranti.

Ieri sera il gruppo di persone bloccate a Tijuana hanno scritto e consegnato alle autorità di frontiera una lettera al presidente degli Stati uniti: nella missiva chiedono l’ingresso immediato nel paese, in alternativa propongono che ogni effettivo della carovana riceva 50mila dollari come indennizzo. Questo metterebbe i migranti nelle condizioni di tornare al proprio paese. Nella lettera viene aggiunto che gli honduregni chiedono, nel caso di rifiuto di aprire la frontiera, che Trump destituisca Juan Orlando Hernandez, attuale presidente dell’Honduras, e che accolga almeno lui negli Stati uniti. Al presidente Usa hanno dato 72 ore di tempo per decidere.

Non è possibile dire quanto l’operazione sia pura fantascienza politica o provocazione, ma certo si inserisce dentro il tempo d’attesa che le migliaia di persone cercano di sconfiggere, studiando tattiche di pressione per superare il confine. Anche perché nel centro di accoglienza El Barretal, un secondo centro d’accoglienza disposto a causa del sovraffollamento del centro Benito Juarez, manca l’acqua nelle docce e nei bagni. In 1100 hanno provato a varcare il confine e sono stati rimpatriati dalla polizia di frontiera stelle e strisce.

Gli arrivi a Tijuana, e in minor numero a Mexicali, non si fermano. Nell’ultima settimana, secondo le autorità, sono altri 1200 i migranti arrivati al confine. E altre migliaia stanno percorrendo il Messico per arrivare alle porte degli Usa. Il nuovo presidente messicano Andres Manuel López Obrador, trámite il suo ministro degli esteri a Marrakech, annuncia lo stanziamento di 30 miliardi di dollari di aiuti a Salvador, Honduras e Guatemala per bloccare i flussi migratori. Una sorta di materiale «aiutiamoli a casa loro». Marcelo Ebrard, alla presenza dei rappresentanti dei tre paesi centro americani, ha dichiarato «vogliamo dimostrare che questo Piano di Sviluppo Integrale sarà più efficace di tutte le proposte di contenimento che si vogliano implementare». Per ora, però, il nuovo governo messicano non ha proposte per le migliaia di persone confinate in Baja California.