Una forma di deportazione dolce, espulsioni in piena regola presentate come un’opportunità d’oro a persone disperate. È ciò che aspetta migliaia e migliaia di migranti clandestini e/o richiedenti asilo, provenienti in maggioranza da Eritrea e Sudan e approdati in Israele negli ultimi anni. Al momento se intercettati dalla polizia vengono rinchiusi in centri di raccolta come quello di Holot, in pieno deserto del Negev, altrimenti si “infiltrano” nel tessuto economico delle città finendo impiegati nei lavori più umili e peggio pagati. In un titolo di prima pagina qualche tempo fa (il manifesto, 7 gennaio 2014), il giorno in cui sfilarono in massa a Tel Aviv per reclamare i loro diritti, li avevamo chiamati «Gli isralieni». In Israele li chiamano appunto «alieni», o appunto, «infiltrati».

Netanyahu sente particolarmente il “problema” e le politiche sui flussi dei suoi governi non hanno mai fatto sconti agli stranieri “irregolari”. L’ultima trovata chiama in causa un paese africano (forse due), che con Tel Aviv vanta già collaborazioni a più livelli, in primis sul piano tecnologico, militare e di intelligence. Sono a buon punto le trattative con il Ruanda, infatti, lo ha rivelato il presidente ruandese Paul Kagame e confermato il ministro degli Interni israeliano Gilad Erdan, per concludere un affare che porterebbe soldi freschi nelle casse di Kigali e svuoterebbe d’incanto – nelle speranze del governo israeliano – i centri di raccolta. Ai circa 50 mila sudanesi ed eritrei illegalmente presenti sul territorio israeliano verrebbe in pratica detto: non posso rispedirti nel tuo paese perché dici che lì la tua vita sarebbe in serio pericolo; allora ti dò un biglietto aereo per Kigali, un visto d’ingresso e 3.500 dollari («non una piccola somma per certi paesi», sottolinea Erdan al quotidiano israeliano Yediot Ahronot), con la possibilità (del tutto teorica) di lavorare.

È un suggerimento, chiaro, una prospettiva che può apparire di tutto rispetto. Soprattutto se scappi da una guerra e l’unica alternativa è quella di restare in stato di detenzione senza limite. Al Ruanda un eventuale accordo porterebbe finanziamenti multimilionari e accordi commerciali privilegiati. Come minimo.

Una simile trattativa sarebbe in corso anche con l’Uganda, ma la notizia non è altrettanto confermata. Certo è che già a partire dall’estate del 2013 decine di immigrati in attesa di asilo sono stati segretamente trasferiti proprio in Uganda, come denunciato a più riprese da un altro quotidiano israeliano, Haaretz. E dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati che non fu mai informato dell’operazione. In questo caso però i migranti avevano ricevuto 1.500 dollari a testa. E l’Uganda le solite garanzie economiche. Lontani i tempi di Idi Amin, anche Kampala ha da tempo con Israele ottime relazioni, soprattutto nel settore della difesa.