L’ufficio stampa del governo israeliano rende noto alla stampa e alla cittadinanza che il presidente Shimon Peres si recherà in Vaticano a capo di una delegazione formata da rabbini, da leader spirituali drusi e dal presidente della comunità musulmana in Israele. Il cuore della cerimonia nei giardini del Vaticano, insieme al papa e al presidente Abu Mazen, sarà un appello ai popoli del mondo a favore della pace!

Pieno di ottimismo per la lieta novella, leggo un’altra dichiarazione dell’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu; si annuncia che la risposta adeguata al governo di coalizione palestinese sarà la costruzione di 1.500 nuove unità abitative nei territori occupati, con altre 1.800 in preparazione. Destinate, ovviamente, a coloni israeliani!

Colpito dalla notizia, decido di leggere la discussione svoltasi presso il Comitato sicurezza e relazioni estere del parlamento, alla presenza del primo ministro. Quei disturbatori dei deputati di opposizione hanno esordito dicendo che Netanyahu non dice nulla, e questo mi sembra normale. Ma quando la discussione si è infervorata e la deputata Galon (del Meretz) ha detto che nuove costruzioni negli insediamenti sono un ostacolo ai negoziati di pace, il primo ministro si è arrabbiato e ha spiegato la verità: il problema per i palestinesi è Tel Aviv, non gli insediamenti.

Insomma, quelli vogliono sterminare Israele. In altre parole, nessuno conosce il valore della famosa frase di Netanjahu a favore dei due stati! Comunque, almeno là in Vaticano pregheranno e lanceranno appelli alla pace nel mondo.

E Peres sarà di certo brillante e farà un discorso commovente a favore della pace; Abu Mazen sarà meno brillante e la sua esposizione non buona come quella di Peres. E il papa? Beh, certo il papa sarà brillante e commovente.

E nelle stesse ore in cui le preghiere dal Vaticano saranno trasmesse alla tivù o per radio, oltre tre milioni di palestinesi saranno costretti ad affrontare la quotidiana violenza dell’occupazione, si vedranno sottrarre le proprie terre con qualche pretesto, ma in realtà per allargare gli insediamenti e le strade per i coloni, e alcuni saranno arrestati e assassinati, e molti altri saranno sfruttati. La miseria dell’occupazione sarà molto meno fulgida della visione messianica dei giardini vaticani.

Gli israeliani continueranno a essere convinti che il nuovo governo palestinese è una minaccia, reciteranno le usuali litanie contro il terrore (degli altri, il terrore statale dell’occupazione, invece, è «autodifesa»). È difficile spiegare quant’è cupa in questo periodo in Israele la tendenza al nazionalismo, al razzismo, all’autismo politico. Bene, se il papa li invita, vadano, e si uniscano in buone preghiere.

Ma ecco un modesto appello al papa e a tutte le persone di buona volontà: occorrono passi seri per una vera pace, è necessario capire e ribadire che senza unità palestinese non ci sarà pace, ed è necessario sapere e proclamare questo: il governo israeliano è capace di grandi dichiarazioni a favore della pace cosmica ma farà tutto il possibile per impedire la pace reale e andare avanti con il processo di colonizzazione nei territori occupati, a spese di un popolo oppresso e privato non solo del diritto a una nazione e dei diritti politici, ma dei più elementari diritti umani.