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I «memo» dell’ex capo Fbi svelano un Russiagate hard

I «memo» dell’ex capo Fbi svelano un Russiagate hardIl presidente americano Donald Trump – Afp

Stati uniti Le note di Comey su Putin, Trump e prostitute russe trasmessi al Dipartimento di giustizia

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 21 aprile 2018

«Quanto segue sono note che ho scritto mentre ero in macchina, immediatamente dopo essere uscito dalla Trump Tower il 16 gennaio 2017». Così inizia il primo di una serie dettagliata di memorandum che l’allora direttore dell’Fbi, James Comey, ha scritto prima di essere licenziato da Trump lo scorso anno, mentre era impegnato nelle indagini sul Russiagate.

IL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA ha inviato al Congresso le 15 pagine dei memo redatte e di cui una parte resta secretata; gran parte di ciò che descrivono le note di Comey era già pubblico, ma ugualmente gli appunti offrono uno sguardo all’interno della presidenza Trump durante i suoi primi mesi alla Casa bianca. Si scopre così che, nonostante il presidente chiedesse al direttore dell’Fbi di chiudere l’inchiesta sul consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn, e lo definisse «una brava persona», non ne aveva una grande stima, tanto che durante una cena privata avvenuta nel gennaio 2017, affermò che Flynn «ha seri problemi nella sua capacità di giudizio».

Oltre a ciò si legge che Flynn non aveva detto subito di una telefonata di un leader straniero che si congratulava con Trump per la sua elezione. Flynn fu costretto a dimettersi dopo solo poche settimane, per aver mentito sulle sue interazioni con l’ambasciatore russo. Negli appunti di Comey si legge che nel febbraio 2017 Trump gli disse che la storia delle prostitute da lui ingaggiate a Mosca per urinare sul letto dove avevano dormito Barack e Michelle Obama, come affermato nel dossier dell’ex e spia britannica Christopher Steel, era una «sciocchezza», e nel corso della stessa occasione gli riferì di come Putin, gli avesse confidato che «in Russia abbiamo alcune delle più belle prostitute del mondo».

LA REAZIONE DI TRUMP alla divulgazione dei memo è stata quella di minimizzare la portata tornando a ripetere, su Twitter, che negli appunti non si legge di nessuna prova di collusione con i russi per farlo eleggere. I memo di Comey, però, scritti quando era il capo dell’Fbi, vengono trattati come prove importanti nell’indagine Trump-Russia e su quella di ostruzione alla giustizia, del procuratore speciale​ Robert Mueller. Per far fronte a tutte queste grane legali Trump ha reclutato un vecchio amico, l’avvocato ed ex sindaco di New York Rudolph Giuliani che si aggiungerà al team di legali assunti da «The Donald» per seguire l’indagine speciale sul Russiagate, rimasto spoglio dopo la rinuncia di John Dowd, l’avvocato che era a capo del team legale, e dopo che molti avvocati hanno declinato l’invito.

ORA GIULIANI si affiancherà ai due avvocati Jay Sekulow e Ty Cobb, e ai due ex procuratori federali, i coniugi Jane e Marty Raskin. nel tentativo di rendere più efficace e di velocizzare l’indagine di Mueller. In questo clima interno, e pochi giorni dopo il lancio di missili americani in Siria, è arrivata la notizia che Trump ha invitato alla Casa bianca il presidente russo Putin, dichiarandosi anche pronto a ricambiare la visita recandosi a sua volta a Mosca. A dirlo è stato il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov. In un’intervista si apprende anche che Usa e Russia non avrebbero intenzioni di fare sfociare le tensioni nei propri rapporti in un conflitto armato.

«PARLANDO DEL RISCHIO di un confronto militare – ha detto Lavrov – mi sento assolutamente sicuro di presumere che i militari non lo permetteranno e di certo neppure i presidenti Putin e Trump. Dopo tutto, sono entrambi leader eletti dai loro rispettivi popoli e responsabili della pace».

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