Sui media iraniani, le vicissitudini ai vertici dello Stato ebraico occupano poche righe. L’agenzia Irna rimanda a una breve del quotidiano in inglese Tehran Times: «Bibi conclude la sua vita politica con una campagna di clamore, ma senza speranza, contro l’Iran. Facendo uno sforzo per coprire i fallimenti dell’intelligence di Israele in Iran, il nuovo capo del Mossad si impegna ad annientare il programma nucleare dell’Iran trascurando l’impegno della comunità internazionale con Teheran, una posizione già assunta dell’ex capo delle spie di Israele che aveva però fallito nel mettere fine alle attività nucleari dell’Iran».

Per decifrare che cosa sia successo in questi giorni nello Stato ebraico, i cittadini della Repubblica islamica dovranno collegarsi all’emittente britannica Bbc che da decenni trasmette anche in lingua persiana. Oggi e domani in Iran sono giorni festivi ed è probabile che sarà il leader supremo Ali Khamenei a esprimersi su Israele e sui palestinesi oggi, verso mezzogiorno ora locale, quando terrà il suo discorso nell’anniversario della morte dell’Imam Khomeini nel 1989.

Secondo il calendario persiano, domani sarà il giorno 15 del mese di khordad, ovvero l’anniversario delle proteste del giugno 1963 quando, in risposta all’accusa del governo secondo cui il clero e gli studenti erano dei parassiti, Khomeini osservò che «da una parte i seminaristi trascorrevano i migliori anni della loro vita sui libri, guadagnando da 40 a 100 tuman» e che Boroujerdi, leader religioso a Qum dal 1947 al 1961, «era morto lasciando 600 000 tuman di debiti». Dall’altra, in Iran c’era invece chi beneficiava di «rendite di centinaia di milioni di tuman depositati in banche straniere e possedeva enormi palazzi. Non erano forse questi i veri parassiti?» Una domanda, questa, di attualità nell’Iran che si avvicina alle presidenziali del 18 giugno. Sono queste elezioni, e non quelle israeliane, a preoccupare gli iraniani.

«Gli scenari sono due: l’ultraconservatore Ebrahim Raisi vince al primo turno con almeno il 50 percento dei voti; oppure gli altri due candidati conservatori – il generale dei pasdaran Mohsen Rezai e Said Jalili, già negoziatore sul nucleare – gli sottraggono voti e Raisi ottiene la maggioranza ma non il quorum necessario e quindi si va al ballottaggio. Al secondo turno Raisi potrebbe trovarsi come sfidante Abdolnaser Hemmati, il direttore della Banca Centrale schierato con i riformatori. A quel punto, i riformatori potrebbero chiedere al proprio elettorato di presentarsi alle urne per far vincere il loro candidato, poco noto sulla scena politica. Ora, se Raisi vuole vincere, deve convincere gli altri conservatori e ritirare la propria candidatura», spiega da Teheran il giornalista indipendente Davood Abbasi. In tutto questo, Israele resta comunque una minaccia per i vertici della Repubblica islamica, soprattutto all’indomani dell’affondamento della nave militare Kharg nel Mare di Oman e dell’incendio nella raffineria a sud di Teheran.