La Nihon Geijutsu-in, accademia giapponese delle arti, è una delle organizzazioni governative legate alle arti più importanti dell’arcipelago e direttamente legata all’Agenzia degli Affari Culturali da cui dipende. Fondata nel 1907, ogni anno nomina come suoi nuovi membri artisti che nel corso della loro carriera si sono contraddistinti e maggiormente imposti nel campo della letteratura, della pittura, del teatro, della poesia, della scultura, del kabuki, del teatro noh, della traduzione e di altre pratiche artistiche. Quest’anno l’ente ha deciso di allargare lo spettro delle sue vedute includendo anche persone che hanno eccelso nelle loro carriere in ambiti quali la fotografia, il cinema e i manga.

Nei giorni scorsi è così stato reso noto che Tetsuya Chiba e Yoshiharu Tsuge sono diventati nuovi membri di questa prestigiosa organizzazione che ha riconosciuto i due artisti del fumetto come persone che hanno contribuito allo sviluppo della scena artistica giapponese durante i decenni passati.
Chiba, classe 1939 e da poche settimane reduce da un intervento, riuscito, al cuore, è famoso, sia in patria che all’estero, grazie soprattutto a Ashita no Joe (Rocky Joe), manga pubblicato in Giappone dal 1968 al 1973 che tanto ha influenzato la scena culturale del paese del periodo. Il manga veniva infatti sventolato dagli studenti durante le proteste di fine anni sessanta. Una storia che attraverso le vicende sportive di Joe, pugile prelevato dalla strada, mette a nudo il classismo della società giapponese del dopoguerra e le sue zone d’ombra, anche durante lo «scintillante» periodo del miracolo economico. Come è noto, dal manga furono tratte due altrettanto popolari serie animate, nel 1970 e 1980, arrivate anche in Italia, e recentemente due rivisitazioni in chiave fantascientifica: Megalo Box (2018) e Megalobox 2: Nomad (2021). Ambientate in un futuro dove il divario fra ricchi e poveri ha raggiunto livelli preoccupanti, coloro che non hanno cittadinanza e vivono in baraccopoli alle periferie vedono il megalo boxing – una sorta di pugilato praticato attraverso degli esoscheletri – come l’unica via d’uscita e salvezza dalla loro condizione di indigenza. Negli ultimi tempi, Chiba sul suo account twitter ha creato una sorta di cronaca giornaliera del periodo pandemico che uscirà in forma di manga a luglio di quest’anno.

Yoshiharu Tsuge è un autore il cui nome circola da parecchi decenni fra gli amanti del fumetto d’autore giapponese fuori dall’arcipelago, ma i cui lavori sono diventati tradotti e disponibili solo negli ultimissimi anni. Appartenente al filone del gekiga, fumetto più serio e sperimentale nato negli anni sessanta quasi come contrapposizione ai lavori di Osamu Tezuka, Tsuge ha creato nel corso della sua lunga carriera (è nato nel 1937) un mondo sia realista che fortemente surreale ed espressionista, ambientato tra reietti e persone che vivono ai margini della società – un elemento fortemente autobiografico – che però non posseggono l’aura dei belli e dannati, ma sono semplicemente dei miserabili. Tsuge ha cessato la sua attività di mangaka, anche per problemi di salute, nel 1987, fra le opere tradotte in italiano, ricordiamo almeno il delirante Nejishiki, L’uomo senza talento e Fiori rossi.
La scelta dell’Accademia delle Arti di ampliare il campo in cui pescare i propri membri è senza dubbio lodevole, e farà di certo piacere a molti addetti ai lavori e appassionati. Come sigillo che garantisce l’appartenenza dei manga (e gekiga) fra le arti arriva però, come spesso accade in queste occasioni, alquanto in ritardo e quasi fuori tempo massimo.

matteo.boscarol@gmail.com