A un dipendente impiegato nell’industria italiana servono 31 anni di lavoro per guadagnare come un amministratore delegato in un anno. Se l’A.d. raddoppia, e trova un altro stipendio, mettiamo da direttore generale, l’impiegato deve lavorare 43 anni. Una vita intera per guadagnare il reddito di un anno dei «capi».

I dati e i calcoli sono stati presentati nell’edizione 2016 dell’Annuario R&S realizzato dall’ufficio studio di Mediobanca che ha analizzato i redditi dei 41 maggiori gruppi industriali privati e pubblici. Il compenso mediano per un amministratore delegato risulta di 1,56 milioni di euro, per un a.d. con una carica in più il reddito sale a 2,38 milioni. Forse per la crisi, o molto più probabilmente per un caso, in un anno questi guadagni sono diminuiti. Nel 2015, infatti, gli anni necessari per un impiegato a eguagliare la retribuzione dell’a.d. erano 36. L’Annuario ha rilevato che l’età media dei componenti dei Consigli di Amministrazione nelle società industriali è di 58 anni, invariata sul 2014. È aumentata la partecipazione delle donne dal 26% al 30%. Nei board delle società pubbliche la presenza femminile è maggiore (35%) e l’età media più bassa (55 anni). Tuttavia comandano sempre gli uomini e il «gender gap» è più forte che mai. Nell’alta dirigenza la presenza femminile si ferma al 12%. Acea ha il cda più giovane (47 anni), Ferragamo il più attempato (66,5 anni) e Edison quello più «rosa» (56%).

La crisi non ha solo allargato le disuguaglianze tra i redditi, ma ha abbassato i rendimenti delle aziende. Gli stipendi d’oro non rispondono a un miglioramento delle imprese. Nel 2015 il fatturato dell’industria è calato del 5% sul 2014, -4,2% sul mercato domestico e -5,4% all’estero. Senza le dismissioni pubbliche il calo sarebbe dell’1,1%. I ricavi del settore sono arretrati del 16,1%.