Gli attacchi più insidiosi a Virginia Raggi vengono ancora una volta dall’interno del Movimento 5 Stelle più che dalle opposizioni. Era successo nel primo anno di sindacatura, quando Roberta Lombardi aveva parlato di «un virus» che aveva «infettato il M5S». Accade di nuovo: la critica più netta all’annuncio della ricandidatura della sindaca viene da Enrico Stefàno, ex presidente della commissione trasporti del Campidoglio che affida a Facebook parole durissime, che picconano nel metodo e nel merito la scelta di Raggi. «Sindaci che proposero la stessa cosa qualche anno fa furono cacciati dal M5S e accusati di poltronismo, cosa è cambiato oggi?», si chiede Stefàno, per il quale si dovrebbero «mettere le idee al centro prima delle persone« e «fare un percorso dal basso coinvolgendo chi ha capacità e voglia».

Non mancano le critiche a Raggi e ai consiglieri della maggioranza che ogni giorno postano foto di strade asfaltate e alberi potati. Per Stefàno bisognebbe essere più ambiziosi e andare oltre «l’ordinaria amministrazione». Poi una stoccata finale sulla questione morale, pezzo forte della comunicazione grillina. «Non se ne può più di questa retorica del passato, di questo vittimismo, delle manie di persecuzione- scrive Stefàno – Basta con questo mito dell’onestà mentre il presidente dell’Assemblea capitolina sta a processor corruzione».

Stefàno non ha la biografia dell’outsider. È stato al centro di polemiche lo scorso anno quando sua moglie, Veronica Mammì, era stata cooptata in giunta e da assessore alle politiche sociali al VI municipio aveva avuto la stessa delega in comune. Per di più, si trova al secondo mandato, dunque sulla carta avrebbe tutto l’interesse a sostenere il «lodo Raggi», che per consentire la candidatura della sindaca azzererebbe il contatore delle consiliature per tutti gli eletti su scala locale. Il sospetto è che mentre una parte dei consiglieri grillini si è affrettata ad appoggiare la fuga in avanti della sindaca, un pezzo della sua maggioranza in sofferenza da tempo stia attendendo prima di trovare una sua collocazione ma nutra dei dubbi sull’operazione in corso. Da settimane in Campidoglio si vociferava della possibilità che una parte degli eletti nelle liste pentastellate potesse continuare a votare la fiducia alla giunta Raggi ma da una formazione autonoma, sganciata dal gruppo dei 5 Stelle, per ricontrattare spazi e strategie in vista del voto. Anche per questo la sindaca avrebbe accelerato sulla sua ricandidatura, procedendo in pieno agosto all’annuncio.

Al momento tace la storica rivale di Raggi, Roberta Lombardi. Si esprime il suo collega Devid Porrello, vicepresidente del consiglio regionale del Lazio. Per Porrello «Il Raggi-bis è una mossa avventata. Il voto sulla piattaforma Rousseau è ’ad personas’ per lei e per Appendino, per bypassare le regole che ci siamo dati». Raggi, prosegue Porrello, ha commesso «tanti errori su temi come i rifiuti», mentre «le aziende municipalizzate non hanno visto un rilancio». Dunque, «servivano le Comunarie, necessarie per l’importanza che riveste la Capitale d’Italia».
Ci sarebbe da chiedersi: e la base? Se si pone questa domanda ad alcuni degli attivisti storici, e anche a qualche eletto nei municipi, significa sentirsi dire più o meno la stessa cosa: «Il Movimento 5 Stelle a Roma non esiste più». L’articolata rete di attivisti, i tavoli tematici e i gruppi territoriali sono stati sfiancati, quando non direttamente sciolti, dall’amministrazione amica. È quello che è accaduto ad esempio al «tavolo urbanistica», che doveva pronunciarsi sulla questione dello stadio della Roma e che è stato delegittimato e svuotato di senso.

Dev’essere per questo che da mesi ormai se si clicca alla pagina del sito del M5S che ospitava il programma elettorale per le amministrative romane del 2016, ci si trova di fronte ad un file inaccessibile. Adesso, si tratta di capire se tutto questo avrà conseguenze dirette sulle manovre della sindaca verso la rielezione in Campidoglio.