È l’immancabile appuntamento durante le feste natalizie nelle piazze e nei teatri dell’antica cittadina umbra. Umbria Jazz Winter (30 dicembre-3 gennaio), sempre nella cornice di Orvieto, ha reiterato la consueta formula organizzativa con la quale si è fatta conoscere: incantevoli palcoscenici ricavati nel centro storico sui quali si sono alternati ripetutamente i tantissimi musicisti presenti nella rassegna. Il linguaggio dei numeri delinea chiaramente sia le dimensioni della kermesse che la partecipazione del pubblico: si sono registrati oltre quindicimila biglietti venduti e ben centoventi concerti, nei quali sono stati impegnati circa centocinquanta artisti.

Un cartellone dai molteplici spunti d’interesse, sia per gli amanti dei suoni maggiormente vicini alle forme più tradizionali del jazz, sia per coloro che non disdegnano contaminazioni vicine alle melodie pop e mainstream. Notevole la rappresentanza di jazzisti italiani di prima fila (Fabrizio Bosso, Rosario Giuliani, Danilo Rea, Daniele Scannapieco, Lorenzo Tucci).

Tra i concerti tenuti, per qualità e capacità di coinvolgere il pubblico, si è distinto come sempre Paolo Fresu impegnato con ben due progetti: il primo dal nome «Vinodentro» assieme a l’Orchestra da Camera di Perugia ed il bandoneon di Daniele Bonaventura; il secondo in trio con lo stesso musicista fermano e il contrabbassista Marco Bardoscia, presentando un concerto delicato ed equilibrato in bilico tra jazz e tango.

Altrettanto capaci di catturare l’attenzione degli appassionati sono stati anche i Tuba Skinny, formazione composta da otto musicisti di strada che nella comunità artistica di New Orleans sono una vera e propria leggenda. Muovendosi tra jazz tipico di Nowlins, blues e ragtime, hanno trasportato i presenti nelle atmosfere del French Quarter. Contributo notevole è giunto anche dai suoni afroamerican del combo delle Light Of Love Gospel Singers, quartetto femminile giunto da Chicago che, a dispetto del nome della band, si è mosso con maestria e talento anche in ambiti soul-funk e spiritual. Grazie ad una backing band di rilievo, il groove non è mancato nelle esibizioni delle cantanti, capaci di dare il meglio non solo in classici riarrangiati come Amazing Grace, ma anche in esecuzioni a loro firma affatto derivative.

L’apice di questa ventitreesima edizione è stato toccato grazie a due live set di prestigio. Quello che ha visto insieme il sassofonista Steve Wilson e il batterista Lewis Nash in una perfetta fusione tra melodia e solismo, brillando non solo grazie al talento di cui sono dotati, ma anche a un indubbio buon gusto che ha pervaso ogni attimo della loro musica.

Toccante e molto bella la versione solo batteria e voce di Exactly Like You dedicata all’appena scomparsa Natalie Cole da Nash. Molto ci si aspettava dall’headliner Kurt Elling, nel programma della manifestazione con un progetto dedicato al repertorio di Frank Sinatra nel centenario della sua nascita. Egregiamente supportato dal proprio quartetto a cui era aggiunta una big band di fiati composta da musicisti italiani, il crooner chicagoano ha un brano dopo l’altro ammaliato gli ascoltatori. Non solo un entertainer di primo livello, ma anche un musicista dotato di una voce fuori dal comune che sa amministrare con tecnica e capacità.

Dopo un’inizio di concerto in sordina, Elling in un crescendo entusiasmante ha salutato il pubblico con una esibizione a cappella da brividi. L’ultima annotazione spetta al talento del pianista e cantante soul jazz Jarrod Lawson, originario di Molalla ma residente da molti anni a Portland.