«La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità». Lo ribadiscono i leader delle religioni del mondo che martedì pomeriggio si sono ritrovati al Campidoglio per l’incontro di preghiera per la pace «Nessuno si salva da solo.

Pace e fraternità» promosso dalla Comunità di sant’Egidio, trentaquattro anni dopo – era il 1986 – il primo incontro interreligioso convocato da Giovanni Paolo II ad Assisi.

Ci sono papa Francesco, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, il vescovo luterano Heinrich Bedford-Strohm presidente del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca, il segretario generale del Comitato superiore della Fraternità umana Mohamed Abdelsalam Abdellatif, e poi rappresentanti dell’ebraismo,  del buddisti dell’induismo. Tutti insieme per condannare la guerra, che «lascia sempre il mondo peggiore di come l’ha trovato», e per invocare la pace e il disarmo.

«Le guerre e la pace, le pandemie e la cura della salute, la fame e l’accesso al cibo, il riscaldamento globale e la sostenibilità dello sviluppo, gli spostamenti di popolazioni, l’eliminazione del rischio nucleare e la riduzione delle disuguaglianze non riguardano solo le singole nazioni» ma l’umanità intera, dicono con una voce sola i leader religiosi nell’appello finale dalla piazza del Campidoglio. Insieme a loro anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i ministri degli Interni Luciana Lamorgese e degli Esteri Luigi Di Maio, oltre ai “padroni di casa”, la sindaca Virginia Raggi e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.

«La guerra è tornata a sembrare a molti una via possibile per la soluzione delle controversie internazionali» ma «non è così», prosegue l’appello, che invita a «sognare di nuovo con audacia che la pace è possibile, che la pace è necessaria, che un mondo senza guerre non è un’utopia». Certo non si realizza da sola, ma si costruisce con la giustizia e il disarmo.

Per questo, ai responsabili degli Stati i capi religiosi chiedono di «unire le forze per la vita, la salute, l’educazione, la pace. È arrivato il momento di utilizzare le risorse impiegate per produrre armi sempre più distruttive, fautrici di morte, per scegliere la vita, curare l’umanità e la nostra casa comune».

A partire dall’emergenza pandemia: «Uniamo già oggi gli sforzi per contenere la diffusione del virus finché non avremo un vaccino che sia idoneo e accessibile a tutti». E ai credenti di ogni fede e «alle donne e agli uomini di buona volontà» i leader religiosi dicono di diventare «artigiani della pace», costruendo «amicizia sociale» – l’espressione usata da papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti – il dialogo: «Il dialogo leale, perseverante e coraggioso è l’antidoto alla sfiducia, alle divisioni e alla violenza. Il dialogo scioglie in radice le ragioni delle guerre, che distruggono il progetto di fratellanza inscritto nella vocazione della famiglia umana».

«Il mondo, la politica, la pubblica opinione rischiano di assuefarsi al male della guerra, come naturale compagna della storia dei popoli», ha detto papa Francesco nel suo discorso. Invece «mettere fine alla guerra è dovere improrogabile di tutti i responsabili politici, la pace è la priorità di ogni politica. Dio chiederà conto, a chi non ha cercato la pace o ha fomentato le tensioni e i conflitti, di tutti i giorni, i mesi, gli anni di guerra che sono passati e che hanno colpito i popoli»

«Nella tradizione cristiana, l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio e molte volte questo è stato interpretato come una sorta di supremazia dell’uomo sul resto del creato, come un dominio assoluto dell’essere umano sull’intero universo» invece di «una condivisione di quella anima vivente» che è il creato, ha fatto eco il patriarca ecumenico Bartolomeo. «Dobbiamo sovvertire quest’ordine antropologico e comprendere che la “casa comune” è come la casa degli specchi: uno specchio in cui vediamo riflessa la nostra immagine, come quella di ogni nostro fratello e con noi ogni elemento del creato».

Al termine dell’incontro, la firma dell’appello per la pace e l’accessione del «candelabro della speranza» da parte di tutti i leader religiosi presenti. E un ultimo richiamo alla responsabilità: «Nessuno può sentirsi chiamato fuori. Siamo tutti corresponsabili. Le ingiustizie del mondo e della storia si sanano non con l’odio e la vendetta, ma con il dialogo e il perdono».