Erano a piazza del Plebiscito ieri pomeriggio, avevano strumenti musicali, costumi, persino scenografie con tanto di luci ma nessuno spettacolo è andato in scena. Sono rimasti silenziosi e immobili per 15 minuti, fermi com’è fermo da marzo tutto il settore dello spettacolo dal vivo. Sono i lavoratori intermittenti, invisibili per i decreti Cura Italia e Rilancio. Sabato prossimo protesteranno ancora in tutto il paese, ogni regione con le sue modalità.

Samos Santella è un elettricista e un tecnico delle luci: «Le professionalità impiegate nel comparto non hanno un serio ammortizzatore sociale. Avevamo l’Aspi: dopo 3 mesi di lavoro, che è tanto nel nostro settore, potevi accedere a 8 mesi di disoccupazione. Il governo Renzi l’ha cambiata in Naspi: 3 mesi ora danno diritto a un solo mese e mezzo di disoccupazione. Così molti si sono trovati con la pandemia e nessun sostegno. Persino i tecnici teatrali che lavorano con le cooperative del nord sono rimasti senza reddito perché avevano diritto alla cassa integrazione che non è arrivata e, per questo, sono stati tagliati fuori da altre misure, come il bonus spesa».

Con il decreto Rilancio dovrebbe arrivare il reddito di emergenza: «È una presa in giro – prosegue Santella -, molti non avranno accesso e in ogni caso è erogato per pochi mesi al nucleo familiare e non alla persona. Lo spettacolo è il settore che si riprenderà per ultimo. Adesso avremo finte riapertura che coinvolgeranno meno del 10% dei lavoratori. Gli eventi estivi non ci saranno perché le misure di sicurezza sono impraticabili. Dicono che riapriranno i teatri il 15 giugno, cioè quando di solito chiudono. I concerti torneranno nella primavera del 2021, i set cinematografici saranno solo quelli delle produzioni più grandi. Parliamo di un lungo periodo di disoccupazione in un comparto fatto non solo di artisti ma anche di facchini, trasportatori, sarti. Chiediamo un reddito di continuità sul modello francese che copra i periodi di non lavoro».

Matteo Garofalo è direttore tecnico teatrale: «Senza fare distinzioni tra grande e piccolo, contiamo in media almeno 10 persone al lavoro per singolo evento, ognuno dei quali riceve una diaria di 90 euro da destinare a vitto e alloggio, moltiplichiamo per 7mila spettacoli in un mese e avremo una stima minima di quello che accadeva prima del lockdown. Le risorse messe in campo dal governo sono insufficienti e inutili. Abbiamo scritto una lettera al premier Giuseppe Conte e al ministro Dario Franceschini. Vogliamo risposte». Matteo Giardiello fa parte del Teatro popolare: «Chi non è un artista famoso è spesso costretto a lavorare a progetto, tirocinio, con contratti brevissimi o a nero. Ci vuole il reddito di continuità e spazi pubblici all’aperto per gli spettacoli».

Tra i musicisti in piazza c’era Giuseppe Fontanella, chitarrista dei 24 Grana: «Un live per mille persone avrà bisogno di uno spazio da 5mila, i costi non sono sostenibili. Conte ha sottolineato che gli artisti sono quelli che fanno divertire, come se fossimo saltimbanchi o menestrelli delle corti del Cinquecento. Così è impossibile avere rispetto professionale, riconoscerci come lavoratori». Senza risposte dal governo, manifestazione nazionale a Roma il 13 giugno.