Lavoratori e lavoratrici dello spettacolo in azione a Milano. Alle 11.00, rispettando il distanziamento fisico e indossando mascherine e guanti, in alcune unità si sono presentati in Piazza della Scala, davanti all’ingresso del Teatro, e hanno srotolato due striscioni. Uno con la scritta <>«Invisibili ma indispensabili», l’altro recitava invece «Diritti, dignità, reddito, cultura». L’azione ha avuto come obiettivo quello «di attirare l’attenzione di media, istituzioni e opinione pubblica sulla drammatica situazione che coinvolge migliaia di persone, attori, danzatori, tecnici, macchinisti, operatori culturali, che da tre mesi sono rimaste senza lavoro e senza garanzie». Nelle stesse ore anche delegazioni di lavoratori dello spettacolo, con i loro cartelli e striscioni, hanno attraversato a Venezia, Bologna, Rimini e Reggio Emilia i presidi, organizzati da ADL Cobas, davanti alle locali sedi Inps per denunciare i ritardi nei pagamenti e chiedere un reddito di base.

«LE LAVORATRICI e i lavoratori – si legge nel comunicato stampa diffuso dopo l’azione in centro a Milano – rivendicano il diritto di avere garanzie sulla ripartenza delle attività dello spettacolo dal vivo, chiedono dignità per essere coinvolti direttamente nelle ripresa, necessitano di un adeguato reddito per il sostentamento economico».
Dopo quasi tre mesi dall’inizio delle politiche di contenimento del Covid-19 la «ripartenza» del mondo dello spettacolo resta assente dai dibattiti e dalle comunicazioni. Non ci sono date né indicazioni. Le misure di ammortizzatori sociali stanziate, al netto dei ritardi e delle problematiche dettate dalla frammentazione contrattuale che il mondo dello spettacolo vive da anni, non sono state accompagnate da discorsi di rassicurazione o semplicemente di prospettiva da parte della politica.

UN SILENZIO fastidioso per chi non sa nulla del proprio futuro, inaccettabile per chi sta ancora aspettando i 600 euro di marzo o è escluso da ogni proposta. Alcuni di loro, andandosene dalla Scala, fanno notare che a breve riapriranno le chiese e non capiscono perché, con debite distanze e protezioni, non possano ripartire anche alcuni luoghi adibiti allo spettacolo. «Il Ministro della cultura Franceschini ha parlato di una «Netflix della cultura», senza considerare che un certo tipo di spettacolo dal vivo, tolta la potenza della compresenza, non può competere con l’intrattenimento televisivo. Inoltre non si è neppure preoccupato del fatto che questo implicherebbe uno stop lavorativo per migliaia di maestranze».