Altre tre persone uccise dai cecchini in Venezuela, due civili e un agente della Guardia nacional bolivariana (Gnb). È successo a Valencia, nello stato Carabobo, dove continuano le guarimbas di opposizione: barricate di legno, cemento, spazzatura, chiodi a quattro punte e trappole con fil di ferro steso da un lato all’altro della strada.

Agli incendi e alle devastazioni, i gruppi oltranzisti ora hanno aggiunto gli omicidi mirati, e i morti sono 26. Mercoledì, a un mese dalle proteste studentesche contro il governo, esplose il 12 febbraio, si è avuto un picco di violenza a seguito delle manifestazioni di segno opposto che si sono svolte in tutto il paese.

I focolai destabilizzanti si sono ridotti di numero, ma gli incappucciati hanno alzato la posta in alcuni bastioni governati dall’opposizione, quella che ha come unico obiettivo la «salida», l’uscita del presidente Maduro. Una strategia destabilizzante spinta a fondo negli stati in cui gli interessi in gioco sono più forti: nel Tachira, al confine con la Colombia, frontiera di contrabbando e manovre dei paramilitari colombiani. Nel Merida, maggior centro universitario e turistico dell’ovest venezuelano. O nel Carabobo, sede del principale porto che rifornisce di alimenti e prodotti il paese e importante snodo autostradale del centro-nord.

A Caracas, le guarimbas o le battiture di casseruole (cazerolasos) sono esplose nei quartieri di classe medio alta, governati dai sindaci di opposizione in 4 municipi sui 5 che formano la capitale. Il fulcro rimane Chacao, e la zona di piazza Altamira. Un luogo simbolo per l’opposizione, che vi ha impostato sempre le sue azioni più dure: dalle rivolte di 14 militari contro Chavez, nel 2002, alle guarimbas del 2004, a quelle odierne. Mercoledì è stata assaltata e devastata la Torre britannica, che ospita uffici governativi e anche famiglie in difficoltà, che aspettano l’assegnazione di una casa popolare.

La moto di un Gbn è stata incendiata, ma il militare è riuscito a salvarsi. Un albero secolare è stato dato alle fiamme e l’immagine degli incappucciati che si godevano lo spettacolo, seduti su una panchina di fronte, indicava la distanza siderale tra questa parte del paese e le Commissioni per la pace istituite dal governo in tutto il Venezuela. «Stanno commettendo un ecocidio in tutto il paese», ha denunciato un gruppo di deputati in parlamento.

Per contrastare un progetto di paese che intacca i privilegi, le classi dominanti si sono affidate a un conglomerato esplosivo: di gruppi nazi-fascisti o importati come La mano bianca o Javu, che sono l’equivalente locale dei gruppi a guida Cia come Otpor, visto all’opera durante le rivolte nella ex Jugoslavia e anche nelle «primavere arabe»; di manovalanza criminale (pagata con l’equivalente del salario minimo per una settimana) o «casinisti» di vario tipo, venuti a sfogarsi, secondo l’invito degli ideologhi delle guarimbe. Vi sono, però, anche residui di un gruppo armato degli anni ’60 come Bandera Roja che, dopo un iniziale appoggio al chavismo, ha deciso di cambiare casacca per problemi di poltrone: e ora tenta di trarre vantaggio dal disordine, in un’improbabile larga intesa di segno eversivo. Non se la prendono con le cliniche private, ma con le infrastrutture mediche gratuite, di cui tutti si servono, gestite dai medici cubani.

Distruggono le case popolari in costruzione, le strutture del Metro, aggrediscono i lavoratori e i piccoli commercianti, bruciano i camion di alimenti e svuotano quelli di carburante.

Il 12 marzo, la destra ha cercato di nuovo lo scontro di piazza tra gli studenti del suo campo e quelli chavisti, che hanno sfilato nella capitale. La polizia ha impedito il contatto con scudi e lacrimogeni. In un incontro con gli studenti, che non hanno lesinato critiche ma hanno avanzato proposte, alla notizia di altri morti, Maduro ha però annunciato «misure drastiche contro tutti quei settori che stanno attaccando il popolo o ammazzandolo». Intanto, proseguono i lavori delle Commissioni per la pace, messe in campo in tutto il paese tra governo e opposizione.

Dal Cile, dove si sono riuniti i 12 ministri degli Esteri, l’organismo regionale ha ribadito l’appoggio al governo legittimo del Venezuela, ha respinto minacce e ingerenze esterne, e ha invitato al dialogo «tutti i democratici». Precisa, al riguardo, la dichiarazione della presidente cilena, Michelle Bachelet: «Non appoggerò mai azioni contro un governo legittimo, eletto democraticamente». Il segretario di Stato Usa Kerry, è invece tornato a minacciare «sanzioni» se il «dialogo» auspicato dal Washington fallisce.