Virginia Raggi e Chiara Appendino, punte di diamante delle prove generali del governo grillino a Roma e Torino, nel 2018 saranno al giro di boa di metà mandato. Ma ancora devono decidere: giocare la propria partita in autonomia o abbandonarsi agli automatismi amministrativi? Intanto, corrono il serio rischio di fare le commissarie liquidatrici delle città che amministrano. Assieme a quella dei rifiuti e alla gestione urbanistica, proprio quella del debito è la questione-chiave che Raggi deve affrontare nei prossimi 12 mesi. La scelta di non mettere in discussione la logica dell’austerity, e accettare i vincoli di bilancio, ha consegnato Raggi in mano al tavolo del ministro dello sviluppo Carlo Calenda. Da lì arrivano le risorse destinate ad una città stremata e disillusa. La morsa che blinda la capacità di spesa delle casse comunali rimanda alle vicende urbanistiche.

Fino a qualche anno fa, le amministrazioni potevano contare sulle concessioni edilizie. Denaro sonante in cambio di cemento. Quei diritti edificatori sono divenuti intoccabili, concessioni eterne per i soliti noti del mattone che ormai giocano su artifici di finanza più che sulla vecchia speculazione edilizia. Raggi ha promesso, pare per tenere buona la base, di mettere mano al Piano regolatore. Per di più, sconta una sorta di infatuazione politica per la tolleranza zero del ministro dell’interno Marco Minniti.

Chiara Appendino è invece la grillina-bocconiana che si è trovata a parlare un linguaggio compatibile col presidente del Piemonte Sergio Chiamparino. Anche lei ha i suoi guai, seppur indossati con freddezza sabauda. Perso per una banale questione di multe cancellate Paolo Giordana, il braccio destro ex An e poi area Pd, Appendino ha avuto problemi con la copertura del debito. Anche in questo caso le voci di bilancio incriminate si riferiscono a una storia di speculazione immobiliare ambientata nella Torino della transizione (gestita dal centrosinistra) dal fordismo al postindustiale.

Ultimamente, poi, la sindaca ha visto traballare la sua maggioranza. L’ordine di scuderia è uguale, sia per Raggi che per Appendino: fare buon viso a cattivo gioco fino alla madre di tutte le battaglie grilline, cioè le prossime elezioni politiche. Il conto alla rovescia è già cominciato.