Dopo le dimissioni di Arlene Foster dalla guida del Dup e del governo nordirlandese, nelle settimane passate si è assistito anche al forzoso passo indietro del suo successore, Edwin Poots, il cui mandato è durato meno di un mese. È stato costretto alla drastica decisione da un partito che, dopo averne sancito la nomina, non ha accettato la sua posizione apparentemente conciliante nella mediazione col governo inglese, sul riconoscimento ufficiale della lingua irlandese.

Si tratta di un atto legislativo fortemente voluto da Sinn Féin e tuttora rimasto inevaso.

Il posto di Poots è stato preso da Jeffrey Donaldson, politico consumato, fiero membro delle logge orangiste ed ex affiliato dell’Udr (Ulster Defence Regiment), un reggimento di fanteria dell’esercito britannico di composizione quasi esclusivamente protestante, non esente da infiltrazioni di forze paramilitari e da collusioni criminali.

Questo momento di grande incertezza e debolezza del principale partito unionista in Irlanda del Nord, è reso ancor più critico dall’imminente appuntamento annuale con le odiose marce lealiste e con i roghi incendiari eretti a ridosso del 12 di luglio, ricorrenza della vittoria di Guglielmo d’Orange contro le forze filocattoliche di Giacomo II, nel lontano 1688.

È indubbio che la comunità unionista, nel dopo Brexit, si senta assediata e quasi abbandonata dalla madrepatria (il Regno Unito), soprattutto a seguito dell’accordo sul protocollo nordirlandese che sancisce lo sposamento del confine doganale tra Uk e Irlanda al largo del canale di San Giorgio. In questo frangente, i facinorosi stanno mostrando ampiamente i muscoli.

Dalle fazioni estreme del lealismo non si perde occasione, infatti, per attaccare il protocollo, considerato una minaccia per l’integrità costituzionale del Regno Unito. L’accordo era stato siglato dalla Foster per evitare un ritorno al confine duro tra le due Irlande a seguito della Brexit. Il nuovo orientamento del Dup sta fomentando di fatto le posizioni oltranziste dei più duri e puri.

Sul campo si registra un’escalation di frizioni e provocazioni. Nelle settimane passate si sono succedute tante parate protestanti nei pressi di aree cattoliche, in preparazione di quelle più importanti che si terranno il 12 di luglio in tutto il Nord. Durante una di queste, a Carrick Hill, a Belfast, ai residenti nazionalisti è stato intimato direttamente dalla polizia di «tornarsene a casa».

Altre esplicite minacce di matrice lealista hanno incluso striscioni con la scritta «Peace or Protocol», a indicare che se i leader unionisti non si sottrarranno agli adempimenti stabiliti dal protocollo, non resterà che il ritorno alla violenza. Minacce confermate da cartelloni eretti a Derry, che raffigurano un paramilitare lealista mascherato e riportano lo slogan «Niente confine al largo del mare, o continueremo a combattere».

Infine, sempre a Belfast, proprio nel punto d’intersezione tra il quartiere nazionalista di New Lodge e quello unionista di Tiger’s Bay, ad Adam Street, è stata innalzata l’impalcatura di pallet per un enorme rogo. Gerry Kelly, ex Ira e ora deputato nordirlandese di Sinn Féin, ne ha chiesto la rimozione, dopo che dal sito sono partiti lanci provocatori di palline da golf scagliate in direzione di veicoli e case nella zona nazionalista.

Si tratta per ora solo di segnali, ma la debolezza di un Dup sconfessato dalla propria base elettorale perché percepito nell’immediato passato troppo conciliante, non fanno ben sperare per le settimane e i mesi a venire.