Il primo maestro gnaoua approdò a Bruxelles solo alla fine degli anni novanta, più di trent’anni dopo l’inizio dell’immigrazione marocchina nella capitale belga: in compenso negli ultimi vent’anni la comunità gnaoua a Bruxelles è molto cresciuta, arrivando a contare una quarantina di musicisti. Un radicamento che fa oggi di Bruxelles la capitale gnaoua d’Europa, come ci rivela un prezioso album appena pubblicato dall’etichetta Muziekpulique, che ha come titolo Jola e come intestazione Hidden Gnawa Music in Brussels.

IN MAROCCO i gnaoua sono gli eredi degli schiavi neri portati dall’Africa subsahariana, depositari di una propria specifica cultura e di particolari tradizioni musicali, che si esprimono tanto nell’intrattenimento (molto apprezzato anche come attrazione turistica) che in funzione liturgica, nel corso di cerimonie che culminano in fenomeni di possessione e di transe. I gnaoua sono presenti con le loro confraternite in particolare in città come Essaouira (dove un grande festival annuale celebra la cultura gnaoua), Marrakesh, Fès, ma anche a Casablanca e a Tangeri: e per ragioni storiche il flusso dei musicisti gnaoua verso il Belgio è stato rilevante soprattutto dal nord del Marocco e specialmente da Tangeri.
I gnaoua di Bruxelles suonano ai matrimoni, nelle feste, in gruppi di world music; dato il limitato numero di musicisti tradizionali marocchini residenti in Belgio, sono frequenti le collaborazioni reciproche fra gnaoua e appartenenti ad altre confraternite religiose, come per esempio le popolari issawa.

I MUSICISTI gnaoua a Bruxelles sono mediamente giovani, di meno di quarant’anni, ma non mancano gli anziani e neanche le eccellenze, come Abdelwahid Stitou (uno dei musicisti che si ascoltano nell’album), nato a Tetuan, cresciuto a Tangeri, prodottosi in tutto il paese, e considerato tra i grandi maestri gnaoua in attività: è arrivato a Bruxelles per stare vicino a tre suoi figli, e continua a fare la spola tra il Belgio e il Marocco. Ora, per iniziativa di Muziekpublique, Hidden Gnawa Music in Brussels per la prima volta mette insieme diversi di questi musicisti in una rappresentazione collettiva della cultura gnaoua in una capitale europea. Muziekpublique è una associazione senza scopo di lucro che opera a Bruxelles nell’ambito delle musiche popolari, tradizionali, folk, meticce: gode di finanziamenti pubblici ma è anche largamente basata sul volontariato; la sede è il Théatre Molière, una bella sala con una capacità di quattrocento posti nel quartiere di Matonge, storico polo dell’immigrazione dall’Africa nera e in particolare congolese.
Muziekpublique è un invidiabile esempio di proposta integrata: una fitta programmazione di concerti, la bellezza di un centinaio all’anno; un nutrito assortimento di corsi, una cinquantina, che vanno dalla chitarra dell’Africa occidentale alle percussioni dell’Italia meridionale, dalla cornamusa della Galizia al duduk armeno; e, appunto, anche una collana di dischi di alta qualità (reperibili su Spotify).

Dettaglio di copertina del disco Jola

DAI CONCERTI sono passati anche tanti nomi di spicco della world music, ma l’idea dell’associazione è innanzitutto quella di occuparsi di musiche del mondo guardando ai tanti mondi che le sono più prossimi e che la realtà di Bruxelles mette a disposizione in abbondanza: per creare delle dinamiche culturali e costruire legami sociali, e attraverso i dischi offrire una ribalta anche internazionale ad artisti che rappresentano la composizione multietnica della capitale belga. Esemplare l’operazione Refugees for Refugees, tradottasi anche in due album: di fronte al dramma dei migranti che cercavano di raggiungere l’Europa, qualche anno fa Muziekpublique pensò di formare un ensemble di musicisti-rifugiati, provenienti da Siria, Irak, Afghanistan, Pakistan e Tibet, con lo scopo di far sentire la loro voce e di aiutarli a ricostruire la loro vita in Belgio, di ricordare quale fattore di innovazione rappresentino il confronto e lo scambio di culture, e anche con l’obiettivo di destinare una parte dei ricavati all’aiuto di altri rifugiati.

CON L’UTILIZZO del guembri, il tipico strumento a tre corde, delle castagnette metalliche (che evocano le catene della schiavitù), e dei tamburi tbal, Jola riproduce la struttura di una lila, un rituale notturno gnaoua. L’album è estremamente curato, nella veste come nelle note della musicologa Hélène Sechehaye: grazie a lei possiamo per esempio scoprire che nei brani che ascoltiamo si canta in dialetto vuoi di Tangeri vuoi di Fès, ma che si può cogliere anche l’accento moroxellois, il modo di parlare dei marocchini di Bruxelles. A unificare tutti c’è una stratificazione e risignificazione della nostalgia: la musica gnaoua è anche nostalgia dell’Africa nera, a cui in Europa si sovrappone quella dell’immigrato per il paese da cui è separato.