La Corte Suprema Usa ha negato la richiesta di fermare la legge del Texas che vieta gli aborti dopo 6 settimane di gravidanza – quando ancora molte donne non sanno di essere incinte – e che consente ai privati cittadini di intentare cause civili contro chiunque assista una donna che cerca di abortire in violazione del divieto, dando loro una «copertura spese» di 10.000 dollari. La decisione dei giudici legittima la legge più restrittiva della nazione in fatto di interruzione di gravidanza.
Il voto della Corte Suprema è stato di 5 a 4, con i tre giudici nominati da Trump che si sono uniti a due altri giudici conservatori, mentre a dissentire sono stati il capo della giustizia, il conservatore, ormai moderato, John Roberts e i 3 giudici progressisti.

CON UN PARERE non firmato, la maggioranza ha stabilito che le cliniche che avevano fatto ricorso sollevavano «serie questioni circa la costituzionalità della legge del Texas», ma non avevano presentato un appiglio che consentisse al tribunale di bloccarla, almeno in questo momento. La maggioranza ha però sottolineato di non aver formulato una conclusione sulla costituzionalità del provvedimento, e di consentire a chi pratica aborti di continuare la battaglia legale in futuro, lasciando aperta la possibilità che il caso torni alla Corte Suprema, anche se non a breve. «Nel giungere a questa conclusione, sottolineiamo che non intendiamo risolvere in modo definitivo alcun reclamo giurisdizionale o sostanziale nella causa dei ricorrenti. In particolare questo ordine non si basa su alcuna conclusione sulla costituzionalità della legge del Texas e non limita in alcun modo altre contestazioni procedurali correlate a quest’ultima». La vicepresidente Kamala Harris ha definito la legge un «attacco totale alla salute riproduttiva delle donne».

IL TEXAS è il secondo stato più popoloso del Paese, ed anche uno dei più conservatori, e questo conservatorismo resiste anche se messo in crisi dalle nuove generazioni, dalla progressiva urbanizzazione e dall’ondata di immigrazione interna, proveniente da Stati più liberal per via del fiorente mercato del lavoro hi tech texano. Ora più che mai lo zoccolo duro conservatore rifiuta quella che definisce la «californizzazione del Texas», rincorso dal governatore repubblicano Greg Abbott che oltre alla legge sull’aborto ha firmato un nuovo provvedimento sulle armi che rende più difficile per la polizia proteggere il pubblico dalla violenza armata.

Secondo la legge, la maggior parte dei texani che possiede legalmente un’arma da fuoco potrà portarla in giro senza permesso o addestramento. L’ultima di una serie di leggi pro-armi approvate dai legislatori statali nel 2021, proprio mentre gli incidenti legati alle armi da fuoco aumentano in tutti gli Usa e il numero di sparatorie in Texas è aumentato del 14% rispetto allo stesso periodo nel 2020.

PER I REPUBBLICANI la rimozione del requisito della licenza e la liberalizzazione completa dell’acquisto di armi abbatte una «barriera artificiale» al diritto costituzionale di possedere armi. Al contrario, per Andrew Karwoski, dell’organizzazione no profit Everytown for Gun Safety, «Consentire a quasi chiunque di portare una pistola in pubblico, senza domande, senza controllo dei precedenti o formazione sulla sicurezza, è non solo pericoloso ma folle».