Il Forum della Berlinale è da sempre un luogo dove si cerca , in maniera più o meno riuscita, di conciliare due antichi compiti che il cinema si è dato, e che sono in un certo senso antitetici: raccontare il mondo e reinventarlo. Il documentario Earth, Terra, dell’autore austriaco Nikolays Getrhalter, si pone decisamente su questo terreno, ma la soluzione è terra terra.

SI COMINCIA in California. Lontane dalle spiagge e dalle palme della costa, delle potentissime scavatrici spianano intere montagne per rendere possibili i disegni speculativi di famelici promotori immobiliari. Da lontano le ruspe sembrano giocattoloni gialli e le montagne semplici dune di terra, come se ne trovano nei giardinetti. Entrando nella cabina di un manovratore scopriamo una realtà infernale. L’uomo è corpulento, con una barba che lo fa assomigliare a un membro degli ZZ Top, ma sembra un operaio di Metropolis mentre, sballottato in tutte le direzioni, aziona una moltitudine di leve e bottoni. «Da bambino, – spiega nell’intervista che segue –, mi piaceva giocare con le macchine. Qui ho realizzato il mio sogno, ne guido di potentissime. Certo la terra è una brutta bestia: resiste. È vero che quando si torna a casa si è esausti…». Nei sette scenari minerari che, come altrettanti gironi infernali il film attraversa, la formula resta la stessa: il campo lunghissimo per i paesaggi, il totale per scoprire gli esseri umani che si muovono come playmobil, e infine il campo corto, per le interviste. In tutte e tre (e più in generale nel catalogo delle inquadrature) è sempre la figura umana a fare da riferimento.

QUESTO MODELLO normativo estetico, viene trasferito tale e quale nel giudizio politico. A livello delle interviste, ovvero dell’individuo, lo spettatore percepisce un conflitto tra due elementi. Da un lato l’economia di sfruttamento delle risorse naturali in genere, ovviamente è assurda in sé, ma sensata per l’individuo che ne dipende e che non riesce ad immaginare come vivere altrimenti. E poi, come dicono tutti, «se non fossi io a farlo sarebbe un altro». Quando il campo si allarga l’individuo sparisce e rimane solo l’umanità in generale: che non ha nessuna scusa e che nella sua indifendibile corsa alla distruzione della natura condanna se stessa.

TRA LE IMMAGINI più forti c’è senza dubbio l’antica miniera di sale in Germania, riconvertita a deposito di rifiuti nucleari negli anni settanta, e che doveva essere sicura per un milione di anni, mentre dopo soli cinquanta è già una bomba ad orologeria (che nessuno sa come disinnescare). L’Italia è filmata una volta e mezzo. C’è l’antichissima cava di Carrara, che il progresso tecnologico ha completamente stravolto, moltiplicando di 100 volte la velocità d’estrazione (ma anche i pericoli per il personale). E c’è la galleria di base sotto il Brennero – che però viene esplorata da parte austriaca. Il messaggio è fin troppo chiaro. Monoliticamente dimostrativo. Restano le immagini e un giro del mondo, al tempo stesso impressionanti e inquietanti.