Nei giorni in cui si infiamma il dibattito sull’articolo 18, esce un sondaggio interessante, che ieri ha avuto grande fortuna sui social: condiviso soprattutto da chi ha a cuore questa preziosissima tutela. Secondo l’Ispo, ben il 54% degli italiani ritiene che l’eventuale abolizione dell’articolo 18 «renderebbe i lavoratori dipendenti più ricattabili da parte dei datori di lavoro». Ancora più accentuato il consenso verso questa opinione da parte dei giovani (fascia 24-35 anni): lo pensa il 55% .

Intanto la Cgil continua con il pressing sul governo e la maggioranza, tentando di reagire all’attacco renziano. La segretaria Susanna Camusso ieri ha spiegato che «con Cisl e Uil i contatti sono continui», e che sta tentando di costruire una mobilitazione unitaria, ma che se dovesse fallire, comunque si mobiliterebbe da sola: «La Cgil ha già detto e continuerà a ribadire che inizierà la mobilitazione. Sarebbe utile per tutti che fosse unitaria ma comunque non ci tireremo indietro», ha detto.

In particolare, il sindacato guidato da Camusso ieri ha risposto alla campagna martellante iniziata da Giorgio Squinzi due giorni fa. Il presidente di Confindustria, infatti, abbandonando le posizioni più concilianti – o perlomeno meno esplicite – degli ultimi mesi, ha invece esplicitato il suo sostegno all’”ipotesi Renzi”, o meglio a quella che lui ritiene essere tale: «L’abolizione dell’articolo 18, pur essendo un problema percentualmente non così fondamentale – ha detto – sarebbe comunque un segnale molto forte, in modo particolare per gli investitori e soprattutto per gli investitori esteri».

«Vedo dei repentini mutamenti di opinione, perché ricordo molte dichiarazioni del presidente di Confindustria che dicevano esattamente l’opposto», ha commentato la segretaria della Cgil Camusso.

E ieri in effetti un altro video è circolato parecchio sui social, quello in cui il presidente del consiglio Renzi, intervistato due anni fa da Michele Santoro a Servizio Pubblico, su sollecitazione della direttrice de il manifesto rispondeva a una domanda sull’articolo 18, sostenendo che non era quello il problema dell’economia italiana.

La frase del premier, è stata rilanciata ieri dal blog di Beppe Grillo, in un post dal titolo #Coerenzie: «In questo momento nel mio territorio ci sono almeno 3 crisi aziendali di aziende di 150 persone che hanno deciso dalla mattina alla sera di chiudere e di andarsene. L’articolo 18 per loro non è un problema e per quel lavoratore non è una sicurezza. Ho detto sull’articolo 18 e lo ripeto qui che non ho trovato un solo imprenditore, in tre anni che faccio il sindaco, che mi abbia detto: “Caro Renzi, io non lavoro a Firenze o in Italia, non porto i soldi, perché c’è l’articolo 18”. Nessuno me l’ha detto. Non c’è un imprenditore che ponga l’articolo 18 come un problema. Perché, mi dicono, c’è un problema di burocrazia, di tasse, di giustizia, non dell’articolo 18. E non ho mai trovato neanche un ragazzo, precario, che mi abbia detto: “Sogno l’articolo 18”. Per quello che mi riguarda l’articolo 18 – aveva concluso il premier – è un problema mediatico. Un problema che si è posto solo nel dibattito mediatico».

Una dichiarazione del tutto opposta, come si vede, rispetto a quelle di questi giorni, che individuano al contrario nell’articolo 18 uno dei maggiori impedimenti agli investimenti, soprattutto esteri. «Renzie da paladino dell’articolo 18 – commenta Grillo – è diventato improvvisamente ultraberlusconiano, tanto da guadagnarsi il plauso nientepopodimeno che di Brunetta».

Tornando al fronte sindacale, non è facile tenerlo insieme. Mentre la Fiom si prepara alla manifestazione del 18 ottobre (venerdì e sabato l’Assemblea dei delegati a Cervia), Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti aprono alle modifiche proposte da Renzi: «Se si vuol combattere davvero il precariato, siamo pronti a trattare su tutto, anche sull’articolo 18», dice il segretario Cisl. Anche la Uil aveva aperto, un giorno prima. «No a doppi regimi – commenta Camusso – Il nostro obiettivo resta quello di portare tutto il lavoro ad avere diritti e dignità».