Nelle ultime settimane, sul web cinese si è diffuso un hashtag che promuove la filosofia del tang ping, dello «stare sdraiati». Condiviso perlopiù dai giovani, invita a non consumare, non lavorare e non comunicare. Questo concetto curioso, più articolato di quello che potrebbe apparire a una prima lettura, ne presenta un altro, non nuovo agli utenti cinesi: quello di neijuan, involuzione.

Si tratta di un termine accademico usato da decenni e indica l’insieme di quei processi che ostacolano la progressione di una società. L’«involuzione» si adatta dunque perfettamente alla situazione dell’attuale mercato del lavoro: schiacciati dalla competizione e dalle aspettative delle proprie famiglie, i giovani cinesi nati dagli anni Novanta in poi crescono con l’idea di un futuro ideale costellato di successi.

Una volta entrati nel mondo del lavoro, tuttavia, si scontrano con orari lunghi, mansioni che pretendono troppo a livello umano e una paga che non permette di vivere in una metropoli di prima fascia. Insomma, un alto livello di istruzione non garantisce migliori prospettive di carriera. Ma questi giovani non possono fare nulla «per compensare l’infinita “involuzione” della società che li consuma», dice Ye Kai, autore di una lunga analisi pubblicata qualche giorno fa su Caixin, giornale cinese specializzato in questioni economiche.

L’unica via d’uscita, quindi, pare essere qualcosa di simile all’immobilismo: non cadere nella tentazione materialistica e non adoperarsi per far arricchire qualcun altro, ma scegliere uno standard di vita più modesto possibile e abbandonare beni di consumo e progetti di vita superflui.

La filosofia tang ping, che si serve di slogan come «Fuggi via da Pechino, Shanghai e Guangzhou!» o ancora «Scappa dal 996!», ha origine da un post apparso nella piattaforma di comunicazione Tieba, poi cancellato ma diffuso da numerosi articoli, tra cui uno dal titolo «Perché ora che la Cina si è appena rialzata, i giovani si sdraiano?»: l’autore racconta di non avere un lavoro fisso da più di due anni e di spendere poco più di duecento yuan al mese, circa venticinque euro, tutti provenienti dai suoi risparmi. Ha deciso di «sdraiarsi», spiegando, con parole piuttosto criptiche, che solo in questo modo «l’uomo può diventare la misura di tutte le cose».

A questa sorta di manifesto sono seguite numerose analisi, come quella pubblicata da una rivista finanziaria cinese che compara il neologismo cinese con il termine nato in Gran Bretagna a fine anni Novanta: NEET, «Neither in Employment, Education or Training», per indicare chi non fa nulla in termini produttivi e di crescita personale. Nell’articolo si aggiunge, tuttavia, che mentre i giovani britannici coinvolti sono poco più che ventenni, quelli tang ping appartengono a una gamma di età più ampia e, inoltre, sono spinti da una precisa volontà sovversiva.

Una ragazza che fa parte del «Gruppo degli sdraiati» ha raccontato alla rivista Sixth Tone, ad esempio, che da qualche tempo rifiuta di fare gli straordinari e ozia appena può durante l’orario di lavoro, qualcosa di simile a quello che, qualche mese fa, predicava il moyu, «battere la fiacca»: lavoratori, soprattutto impiegati delle società tech, che ripudiano la competizione e la tradizionale idea di successo imposta dalla società.

Come altri neologismi emersi negli ultimi anni, anche tang ping riflette il senso di insoddisfazione e di incertezza delle nuove generazioni ed esprime un tentativo di ribellione silenziosa alla cultura del troppo lavoro. «Se mi sdraio abbastanza velocemente, il capitale non può sfruttarmi».