Ancora migliaia di giovani e giovanissimi nei cortei che hanno attraversato ieri le principali città francesi, contro la legge El Khomri di riforma del lavoro, accusata di istituzionalizzare il precariato a vita. Le modifiche presentate dal primo ministro, Manuel Valls, rispetto alla prima stesura del testo prima ancora che venga svelato, non hanno convinto. I ritocchi sono stati concepiti da Hollande in persona, con l’obiettivo di accrescere la divisione già esistente tra i sindacati e disinnescare cosi’ la protesta, che ha in prima linea i giovani e rappresenta un rischio elevato a un anno dalle presidenziali.

Ieri è stato il giorno degli studenti e, soprattutto, dei liceali, contro un governo “socialista” che istituzionalizza il precariato in un periodo di forte disoccupazione. Tra 69mila e 150mila persone in piazza in tutta la Francia. Il corteo parigino era molto più “giovane” di quello del 9 marzo. Il 24 marzo il testo di legge di riforma verrà presentato in Consiglio dei ministri, per essere poi discusso in Parlamento e passare “prima dell’estate”, secondo le intenzioni del governo. Ma il 31 marzo è già prevista un’altra giornata di mobilitazione contro la legge El Khomri, questa volta anche con la presenza dei sindacati. Ieri, 200 licei erano bloccati. A Parigi, alcuni rettori hanno deciso di chiudere le università per via amministrativa. Ci sono stati incidenti minori e 23 fermi, breve occupazione delle stazioni a Marsiglia e a Rennes, a Nantes ci sono stati lievi scontri, una ragazza ferita a Strasburgo e a Parigi, prima che partisse il corteo da place de la République, dei casseurs hanno rotto alcune vetrine di banche (ci sono stati tre fermi, ma non si tratta di studenti). Per William Martinet, presidente del principale sindacato degli studenti, l’Unef, “nelle manifestazioni c’erano più liceali e studenti del 9 marzo”. Stessa constatazione da parte della Fidl dei liceali.

I ritocchi alla prima stesura del testo di Myriam El Khomri non hanno convinto una parte dei sindacati e degli studenti. La Cfdt ha invece accolto con favore i cambiamenti, perché Valls e Hollande hanno recepito i suggerimenti del principale sindacato ribattezzato “riformista”, mentre Cgt e Fo restano i capofila di coloro che continuano a chiedere il “ritiro” della legge. Tra gli studenti, l’Unef rifiuta la riforma in blocco, mentre la Fage, secondo sindacato universitario, ritiene che una parte delle modifiche abbia risposto alle inquietudini espresse dai giovani. Stando a quello che è filtrato sulle modifiche (a un testo ancora in via di stesura), gli indennizzi in caso di licenziamento abusivo saranno soltanto “indicativi” per i giudici dei Proud’hommes (giustizia del lavoro) e non più stabiliti preventivamente come chiedeva il padronato, ripristinando la libertà dei giudici. Il licenziamento per ragioni economiche diventa più facile, ma ci saranno “garanzie”, ha spiegato Valls, per “punire” le multinazionali che presentano bilanci artificiali sulle aziende del gruppo in Francia. Il governo ha dovuto annullare l’eccessiva flessibilità per gli apprendisti. Le deroghe alle 35 ore nella piccola e media impresa saranno meno facili, sarà necessario un accordo collettivo e non ci saranno modifiche alla regolamentazione delle ore di riposo obbligatorio, che il padronato avrebbe voluto poter frazionare. La “garanzia giovani” per chi non ha diplomi viene estesa a un maggior numero di persone (ma il suo finanziamento non è ancora chiaro). Il Conto personale di attività, che è la sola misura di “sicurezza” di fronte a una batteria di riforme che aumentano la “flessibilità”, dovrebbe venire rafforzato. Ma la filosofia di fondo resta: si tratta di adattare il codice del lavoro allo stato del mercato, aumentando la flessibilità, vista come promessa di precarietà a vita, con la liberalizzazione dei licenziamenti. Una petizione per il ritiro della legge, lanciata dalla femminista Carline De Hass, ha raccolto 1,2 milioni di firme in pochi giorni. L’hashtag #OnVautMieuxQueCa ha riunito innumerevoli testimonianze, dove emerge il dramma dell’umiliazione al lavoro nell’era del precariato. Dieci anni dopo le manifestazioni che hanno bloccato il Cpe (contratto di pieno impiego) i giovani hanno di nuovo scandito: “Resistenza”.