Nuovo violento attacco in Russia ai diritti delle donne. Pochi giorni fa il quotidiano moscovita Kommersant ha rivelato che, in sordina, in alcune provincie russe è stata introdotta una moratoria delle interruzione di gravidanza. Nel territorio di Primorsky, dal 31 luglio al 3 agosto, ad esempio, in quelli che sono stati chiamati i «giorni di silenzio» non è stato consentito abortire.

I medici della regione hanno affermato che è già la quinta volta che tali sospensioni del diritto si sono realizzate. Stessa «campagna» negli stessi giorni a Rjazan: a luglio, non è stato possibile abortire. Ma il caso più grave è quello della Jacuzia dove di fatto dall’inizio dell’anno non si può abortire. E si intende estendere la moratoria a tutto il 2019.

Tali sospensioni del diritto ad abortire, secondo Kommersant, «sono attive in molte regioni» ma un censimento è difficile. Il ministero della salute russo ha confermato la notizia affermando che «comunque non si tratta di divieto ma di campagne di dissuasione».

Tali moratorie si inseriscono nella campagna «Donami la Vita!» lanciata da Svetlana Medvedev, moglie dell’attuale premier della Federazione. Secondo i suoi promotori, la campagna è «finalizzata alla protezione dei bambini non nati e dei valori della famiglia».

In altre realtà, come a Belgorod, l’attacco all’aborto si sviluppa, come in Italia, attraverso «l’obiezione di coscienza». Il presidente della Lega per la protezione dei pazienti, Alexander Saversky, ha definito l’iniziativa «incivile». Protesta anche il presidente della Società russa di ostetrici e ginecologi, Vladimir Serov, che ricorda che «l’aborto è concesso solo nelle prime 12 settimane di gravidanza e quindi ogni ritardo può impedire alla donna di usufruire di tale diritto».

La campagna è giustificata dal ministero della salute con «l’obiettivo di migliorare il clima demografico del paese». Negli ultimi anni la popolazione russa era tornata lentamente a crescere ma ora si sta assistendo a un’inversione di tendenza. Nei primi mesi del 2018, riferisce Rosstat, l’ufficio di statistica dello Stato, la popolazione complessiva si è ridotta di circa 80mila persone malgrado ben 50mila migranti abbiano ottenuto la nazionalità.

Sono i primi effetti della recessione che ha colpito il paese nel biennio 2015-2016. Il clima reazionario e la compressione dei diritti è giustificato con la necessità di «migliorare il clima demografico» anche in riferimento alla persone Lgbt.

In Russia dal 2013 esiste una legge che vieta «ogni forma di propaganda dell’omosessualità» al fine, secondo i legislatori, di combattere la scarsa natalità. Una tesi omofoba veramente sorprendente, purtroppo condivisa da molti russi, in un paese dove negli ultimi anni si è realizzata una sotterranea privatizzazione della sanità e dove continua a imperversare l’alcolismo con i suoi effetti devastanti sulla fertilità e la potenza sessuale.