Capita più spesso di quanto non ce ne accorgiamo che piccoli frammenti di opere letterarie finiscano centrifugati nel turbine della creazione artistica e che, trasportati dal tempo, approdino sotto nuove spoglie in altre opere. È successo per lo meno un paio di volte alla poesia di Ernest Dowson, autore inglese vissuto alla fine del diciannovesimo secolo, versione britannica di poète maudit- non a caso traduttore di Verlaine- e amico di Oscar Wilde. Così quando Blake Edwards firmava nel 1963 il film The days of wine and roses, I giorni del vino e delle rose, che valse a Henry Mancini il premio Oscar per miglior canzone, in pochi si accorsero della paternità di quel titolo e di quanto la storia di alcolismo e dissoluzione raccontata trovasse un’ispirazione certa nella biografia dell’autore originale di quel verso. Adesso I giorni del vino e delle rose è il titolo di un progetto interdisciplinare, che ha il suo centro in un graphic novel, in uscita il 2 luglio per la piccola realtà editoriale che è Valigie Rosse. Come spiega Riccardo Bargellini, che della casa editrice è il grafico, ma anche uno degli ideatori, il libro è il frutto di un ritrovamento: «Per caso ho ritrovato una fotografia che non sapevo neppure più di possedere, che mi ritrae in una serata di più di 15 anni fa, in coppia con Steve Wynn dei Dream Syndicate, dopo un loro concerto. Mi è tornato in mente il titolo del loro disco e l’ho voluto riascoltare; il titolo èripreso da quello di un film di Blake Edwards, che a sua volta cita il verso del poeta inglese Ernest Dowson,: They are not long, the days of wine and roses: non durano a lungo i giorni del vino e delle rose».
Molte le apparizioni di rose e vino poco accreditate, un eterno ritorno, in tempi e luoghi diversi, un continuo riaffiorare nella memoria di un topos ancor più antico, che scava nella letteratura classica. Un binomio poetico troppo evocativo per essere lasciato in preda ad altri pasti artistici. La storia del ritrovamento arriva alle orecchie di Diego Bertelli, giovane critico letterario fiorentino d’adozione, che si dice disponibile a scriverla, e che da subito caldeggia per il romanzo illustrato. «Sono sempre stato interessato dalla fotografia e mi affascinano quelle immagini che non sapevamo più di avere. Sono una persona che accumula cose e le dimentica nei cassetti, spesso non mi riconosco nelle fotografie del passato, ma mi capita di volermi più bene quando le guardo a distanza di anni. Credo che le cose importanti possano diventare paure grandi col tempo, se non le si scordano, ed è quello che ha cercato di dire. Così, quando Bargellini mi ha raccontato la storia, mi sono immaginato subito una storia da vedere». Nel libro trovano spazio l’aneddoto del ritrovamento, motore della narrazione, così come uno stralcio di biografia romanzata di Ernest Dowson e alcune scene tratte dal film di Edwards, ma è sicuramente nella parte centrale, in una specie di dialogo filosofico tra il poeta delirante e fisicamente molto deteriorato e il suo ospite, il giornalista Robert Sherard, che si inscena il dramma profondo dello scrittore, la tensione distruttiva da cui scaturiscono i suoi famosi versi, quella cupio dissolvi tanto tipica della lirica del tempo. «Quasi tutto quello che abbiamo rappresentato in questa parte è autentico- spiega Bertelli. Dowson e Sherard erano conoscenti, quest’ultimo lo trovò per strada in stato confusionale e lo portò a casa sua, a Catford, dove Dowson visse per 4 settimane fino al giorno della sua morte. L’ultimo giorno di vita si è svolto più o meno come me l’ero immaginato, una lunga conversazione notturna tra i due, prima che il poeta morisse. Per questa parte, mi sono ispirato al libro di Herman Broch, Morte di Virgilio, dove si racconta dell’ultimo giorno di vita del poeta.»
È certo che ci sono elementi di fantasia: Dowson e Sherard non furono compagni di classe e sembra che in quella notte finale avessero parlato di Dickens, uno degli ultimi interessi letterari dell’autore, e non di Orazio. Ma il riferimento all’autore classico è funzionale per introdurre la poetica di Dowson, sia perché la sua opera attinge direttamente a quella del latino e sia per ribadire il tema del tempus fugit nascosto nel ritrovamento della foto. Bertelli conferma: «Abbiamo sicuramente approfittato in questo senso della presenza di Orazio nella poesia di Dowson, si pensi al celebre verso I have forgot much, Cynara! gone with the wind. Inoltre la biografia dell’inglese rispetta un tema tipico della fine dell’800, il famoso ars longa, vita brevis. Mi sono appoggiato su quello che nell’opera di Dowson mi suggestionava di più, sugli elementi che anche come ricercatore più mi appassionano, come il rapporto tra letteratura e vita, appunto, e il dibattito teologico: ho voluto menzionare la conversione in punto di morte per mettere in contrasto questa vita bohemienne con quelli che sono i moti interiori, come l’avvicinamento alla fede».
Così tra le tavole del graphic novel trovano spazio lunghe digressioni letterarie che trattano di sciogliere anche il delicato rapporto tra letteratura e morte: «La letteratura è per me un incontro con il limite che è una ritualizzazione dell’esperienza di morte. Tutta la letteratura occidentale nasce dalla necessità di colmare un’assenza, di ritualizzare una perdita. Lo stesso Steve Wynn, come riportato nell’intervista in chiusura al libro, dice che l’album The days of wine and roses è un disco sul rapporto tra ciò che è normale e ciò che all’improvviso cessa di esserlo, un lavoro sul limite, incentrato sull’assenza di una figura, come nella poesia di Dowson dove questo ruolo è affidato alla piccola Adelaide, la ragazzina della quale il poeta è innamorato, 11 anni più giovane di lui, e che non avrà mai».
Per narrare questo sottile gioco di coincidenze e ritorni, la scelta cade sull’illustratrice e fumettista Silvia Rocchi, biografa a fumetti di Alda Merini, Tiziano Terzani (per Becco Giallo) e autrice di Il segreto di Mayorana (con Francesca Riccioni, Rizzoli Lizard). Ci sono, nelle immagini di Rocchi, importanti cambiamenti rispetto allo stile al quale ci ha abituati: la prima è la grande libertà nella composizione della tavola. Lei stessa commenta così l’apparente assenza della griglia «Il disegno si modella a favore del testo, dove i dialoghi sono più serrati ho optato per una scansione più frammentata dei volti e delle scene. La scelta di abolire le vignette è volta a dare dinamismo alle scene. Questo mi ha aiutato a rendere il dialogo visivamente più morbido e fluido. Come dici tu la griglia c’è ma non si vede!». Le possibilità delle sfumature della matita sola fanno esplodere la forza espressiva del tratto della disegnatrice, che ci sorprende con l’uso frequente di pennellate grigie sulle figure, quasi a rendere l’atmosfera pesante della conversazione fitta e disperata. «È così- conferma Rocchi-la pennellata trasmette l’atmosfera e dà unità tra le varie scene. Certamente aiuta anche a suggerire un alone di ebbrezza che aleggia soprattutto nella parte tratta dal film».
Così Ernest Dowson, che non riusciva a dimenticare un grande amore proibito e non corrisposto, accarezzava la morte con la sua condotta sregolata, celebrava la fugacità della vita con la sua poesia, ma veniva paradossalmente dimenticato come creatore di questi versi raccolti e divenuti celebri nell’opera di altri autori. Il team di Valigie Rosse accoglie la sfida del tempo e del ricordo nel suo libro, stampato in tiratura limitata (500 copie nuemrate) e acquistabile su www.valigierosse.net e che sarà presentato a Livorno stasera, durante le «Serate Illuminate». A completare l’esperienza la colonna sonora, scaricabile dal link https://soundcloud.com/igiornidelvinoedellerose, ad opera di Gianni Niccolai e una pièce teatrale intitolata 33, a cura di Francesco Mugnari e della sua compagnia Teatro tra i binari: I giorni del vino e delle rose diviene oggi un tributo interdisciplinare in tutta regola come ammenda di tante dimenticanze verso lo scrittore inglese.