Difficile, e non è sempre vero, ma almeno in questa ricorrenza cinquantennale, non identificare il 1967 come l’anno in cui uscì il beatlesiano Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band, forse il miglior album di sempre; di certo l’album che si chiude con la migliore canzone di sempre: A day in the life. Quel «giorno nella vita» che in quegli anni sembrava mancare a Brian Wilson, la mente musicale folle, visionaria e malata dei Beach Boys che, nell’immaginario postumo dei fan del rock, hanno rappresentato la controparte numinosa e americana di John, Paul, George e Ringo.

Anche se a bene vedere furono i Beatles a mandare a memoria e a superare le magnifiche iperboli vocali dei fratelli Wilson, Mike Love & co. Una lezione che tennero a mente anche i Pink Floyd, anni dopo per The Wall, se chiamarono come vocal coach, Al Jardin. Ma, forse, oggi bisognerebbe chiedere veramente chi erano i Beach Boys? E nell’immenso archivio catalogico della Universal esce, per le cure di Mark Linett e Alan Boyd, The Beach Boys. 1967 – Sunshine Tomorrow, doppio cd contenente la bellezza di 65 tracce, molte dal vivo o da session private più il re missaggio di due album come Wild Honey e Smiley smiley (l’uscita però varia nei formati prescelti, tra cu vinile) che documentano la febbrile attività del gruppo durante la peggior crisi mai avuta dal loro leader, che proprio allora aveva abbandonato i concerti per dedicarsi alla registrazione di Smile, l’album fantasma per antonomasia.

Troppo celebre la storia di quell’album per ripercorrerla, basta conoscere che Brian, proprio all’indomani dell’abbandono di quelle sorprendenti registrazioni, raccolse l’invito di Mike Love di scrivere e suonare delle canzoni molto semplice. Cominciarono così a registrare nella tarda primavera del ’67 i brani di Smiley smiley e in agosto Wild Honey; le session, perlopiù inedite all’ascolto raccontano di canzoni nate «nel rifugio di Brian», di un’atmosfera che recuperava una semplicità sconosciuta sia agli stessi Beach Boys (non va assolutamente dimenticato che erano delle vere rockstar da cui presero anche tutti i vizi nel tempo, non facendosi mancare nulla e pagandone caro il prezzo) sia a tutto ciò che gravitava nella musica in quell’anno sorprendente che non era solo segnato solo dall’arrivo della «banda dei cuori solitari del Sergente Pepper». Ma, pescando nel mazzo si potevano ascoltare gli esordi di Hendrix e dei Pink Floyd, i gruppi della Summer of Love di Haight Asbury, In a silent way di Miles Davis e tanto altro.