Un “oggetto sociale non identificato” rischia oggi di paralizzare molte strade francesi. Un movimento orizzontale e proteiforme si è organizzato sulle reti sociali per mobilitarsi indossando un gilet giallo e bloccando la circolazione contro un aumento del prezzo del diesel e della benzina, deciso dal governo per diminuire le emissioni di Co2. La protesta si è via via arricchita di altri contenuti. Stando ai social, si prepara una protesta generalizzata contro le troppe tasse di tutti i generi, ma anche – contraddittoriamente – contro la diminuzione dei servizi sociali (pagati dalle tasse) e l’abbandono della Francia periferica. I servizi segreti hanno identificato i promotori: 8 persone, 5 uomini e 3 donne, abitanti della regione Ile de France, tra i 27 e i 35 anni, tutti amanti dell’automobile. Jacqueline Mouraud ha collezionato 5 milioni di click su Facebook, la petizione di Priscilla Ludosky ha raccolto 850mila firme. Il movimento senza leader sta prendendo soprattutto in provincia, nelle zone rurali e nelle città medie, socialmente tra la classe medio-bassa, che vive è obbligata a prendere l’automobile per andare al lavoro. Tra le tante contraddizioni, i sondaggi dicono che la prima preoccupazione dei francesi è la protezione dell’ambiente (più della disoccupazione), ma il 74% approvano la protesta anti-tasse sui carburanti dei gilet gialli.
I partiti dell’opposizione non si sono fatti pregare per sostenere il movimento. Prima di tutto il Rassemblement national (ex Fronte nazionale), che urla al governo di “non rompere le scatole ai francesi”, con le limitazioni in nome della difesa dell’ambiente. Poi, i Républicains, con il leader Laurent Wauquiez, che ripete “troppe tasse”. Ma anche la sinistra segue il movimento anti-governo, malgrado le dichiarazioni passate contro il diesel o la preminenza dell’auto individuale. Jean-Luc Mélenchon spera nel “successo di un movimento auto-organizzato”, “giusto e degno”: “non solo vi derubano, ma vi trattano da irresponsabili”. Benoît Hamon parla di “rabbia politica legittima” contro Macron. Solo i Verdi non dimenticano gli impegni ecologici e obtorto collo non si scagliano contro il governo. I sindacati, invece, hanno chiaramente preso le distanze. Laurent Berger, della Cfdt, mette in guardia contro i “rischi per la democrazia” e vede un effetto boomerang dell’ascesa di Macron, “punito dove ha sbagliato, ha oltrepassato i corpi intermediari”. Philippe Martinez della Cgt sente “troppo odore di estrema destra” e vede una strumentalizzazione “del padronato”.
Macron e il primo ministro Edouard Philippe hanno deciso di non cedere sull’aumento programmato e progressivo (di qualche centesimo ad ogni tappa) del prezzo del diesel, per spingere i cittadini a una svolta ecologica. Il governo, preso dal panico, ha messo sul tavolo 500 milioni in più per la transizione energetica, tra aiuti ai meno abbienti per cambiare auto (fino a 4mila euro, anche se comprano di seconda mano), per sovvenzioni al riscaldamento, per cambiare le caldaie a gasolio, per aiutare chi è obbligato a prendere l’auto per andare al lavoro. Ma non ha convinto i protestatari, che ormai, sui social, mettono in discussione tutta la politica attuale. Macron lo ha ammesso qualche giorno fa: “non sono riuscito a riconciliare il popolo francese con i suoi dirigenti”. L’aumento del prezzo dei carburanti è stata la scintilla che ha scatenato un sentimento generale di ingiustizia fiscale: i cittadini non sanno più perché pagano le tasse, dove vanno i soldi, mentre constatano i tagli alla patrimoniale. Le statistiche dicono che il potere d’acquisto è aumentato dell’1,3% quest’anno e che i salari seguono bene o male l’inflazione. Ma la sensazione diffusa è che non si riesce più ad arrivare a fine mese. I pensionati protestano contro la Csg, il contributo sociale generalizzato che prima non pagavano e adesso devono versare. La classe media protesta contro il peso delle “spese obbligate”, che si mangiano lo stipendio. L’abolizione della tassa di abitazione non sembra produrre nessun effetto positivo e adesso il governo teme le reazioni al passaggio del prelievo fiscale alla fonte per i dipendenti (come in Italia). Sul fondo, è soprattutto l’aumento delle ineguaglianze all’origine del malessere diffuso.