È un business dalla portata gigantesca, che non conosce crisi. Ma che dall’anno orribile del 2008 registra una crescita annua del 12 per cento per numero di croceristi imbarcati. Un volume d’affari che mette sullo stesso tavolo la Fincantieri, uno dei maggiori gruppi cantieristici al mondo; Venezia, la seconda città d’arte italiana per turismo culturale nel 2011; le competenze ministeriali rappresentate in Laguna dal Magistrato delle Acque, dall’Autorità portuale, l’Autorità marittima e inoltre un gruppo di piccole società locali che nate come gestori dei flussi croceristi hanno registrato in dieci anni investimenti record a dispetto dello stato recessivo in cui è piombato il Nordest.

Ma non solo, perché dietro il passaggio delle grandi navi nel cuore del centro storico di Venezia, a centocinquanta metri da Piazza San Marco e dal Palazzo Ducale, si gioca una partita internazionale per la conquista del mercato turistico del Mediterraneo Orientale, che, secondo il presidente dell’Autorità portuale di Venezia, già ex ministro dei Lavori pubblici, Paolo Costa, vede tra i concorrenti, pronti a portare via dall’Italia il primato dell’home port veneziano, «i grandi porti di Atene, Alessandria d’Egitto e Istanbul». Una serie di ragioni economiche per cui le grandi navi rimangono in Laguna, nell’interesse bipartisan, tanto del Comune, quanto dell’Autorità portuale, anche se la discussione aperta è su come ovviare al loro passaggio nel cuore centro storico. E così arginare i rischi di sicurezza che la città ha cominciato a rimuginare dopo il naufragio del Giglio.
Di certo, tra le società che hanno registrato maggiori incrementi del business delle grandi navi, c’è la Venezia Terminal Passeggeri (VTP), nata nel 1997. Anni in cui «la politica di investimenti dell’Autorità portuale è stata formulata con lo scopo di attirare capitali del settore privato», ricorda Ugo Camerino nel volume Approdi e partenze, la Stazione crociere del porto di Venezia, stampato nel 2002 dalla Marsilio, «stimolando le categorie interessate a valorizzare al massimo i punti di forza del territorio e le sue dotazioni infrastrutturali portuali». Tra i settori di cui si prevedeva una maggiore crescita c’è proprio quello dei passeggeri di cui si occupa la VTP spa, presieduta dall’ex sottosegretario alle Finanze del primo governo Berlusconi, l’avvocato Sandro Trevisanato, che dal 1997 al 2012 ha investito nella gestione del porto turistico più di 32 milioni di euro, accogliendo oltre 14 milioni di croceristi.

Nella compagine societaria della VTP la maggioranza è della APV Investimenti Spa, società al cento per cento dell’Autorità portuale, ma di diritto privato, che si occupa della gestione di progetti immobiliari ed è «titolare di partecipazioni in società di capitali, in cui sono spesso presenti enti locali».

Ma certamente il giro d’affari maggiore lo registra il polo Fincantieri di Marghera. Dove i mostri del mare vengono varati e benedetti, prima di solcare Venezia. Soprattutto da quando a metà degli anni ’90 la produzione di Fincantieri è stata convertita nella costruzioni di navi di crociera. Per dare qualche numero, la Fincantieri di Marghera conta una forza lavoro di mille lavoratori, ai quali sono da aggiungere le piccole e medie imprese dell’indotto che danno lavoro a diverse centinaia di persone. Al momento il cantiere di Marghera lavora alla costruzione di due grandi navi. La prima commissionata da Costa Crociere è la Costa Diadema, la più grande nave da crociera di bandiera italiana per un investimento di 550 milioni e di stazza impressionante: 132.500 tonnellate, tale da poter ospitare 5mila persone. In breve, un piccolo paese galleggiante. L’altra, da 47mila tonnellate commissionata dalla Viking Ocean Cruises per 200 milioni, sarà consegnata tra il 2015 e il 2016.

Le proteste degli ambientalisti e dei centri sociali che domenica scorsa hanno messo in scena una battaglia navale nel canale della Giudecca per dire basta all’ingresso dei mostri del mare, si scontrano quindi con un volume d’interessi molto ramificato e trasversale. È certo che ad appoggiare la loro battaglia c’è anche il comune di Venezia, a partire dal sindaco Giorgio Orsoni, area Pd, che del «No alle grandi navi in Laguna» aveva fatto un punto della campagna elettorale del 2001 contro l’allora candidato di centrodestra, Renato Brunetta.

Ma il comune non ha mai avuto competenze sul canale della Giudecca e sul Bacino di san Marco, i due luoghi mozzafiato dove transitano 4 volte al giorno navi di oltre 40mila tonnellate, i quali spettano in ultimo al ministero delle Infrastrutture. D’altra parte, invece, la ricaduta sul comune sarebbe quella dell’indotto occupazionale, stimato dal comitato Cruise Venezia, che si batte perché le grandi navi restino a Venezia, in «seimila futuri disoccupati».