Potrebbe piovere, come pioveva la mattina di due anni fa, sui 43 alberi piantati sotto il nuovo viadotto Genova San Giorgio. L’hanno chiamata la “radura della memoria”, una piazza ricavata dal vuoto lasciato dai palazzi abbattuti insieme ai monconi del vecchio Morandi e che oggi, prima soltanto per i familiari e poi per tutti i genovesi, sarà il teatro della commemorazione delle vittime, 43 appunto, del disastro del 14 agosto 2018. Alle 11 e 36, al minuto di silenzio, oltre alle famiglie dei morti, che si sono riunite in un comitato, e alle istituzioni locali, ci saranno anche il premier Giuseppe Conte e la ministra Paola De Micheli, atteso Alfonso Bonafede. Sì perché, a due anni dal crollo di ponte Morandi, è la giustizia il tema che sta più a cuore di chi è rimasto.

«Sappiamo che i tempi dell’inchiesta sono lunghi e aspetteremo il necessario perché siano accertate le responsabilità, ma se qualcuno pensa di complicare le cose magari per puntare alla prescrizione si sbaglia di grosso», dice Egle Possetti, presidente del comitato Ricordo vittime Morandi, che il 14 agosto ha perso la sorella, il cognato e due nipotini. Le altre questioni aperte sono il riconoscimento dello status di vittime di strage per chi ha perso la vita sopra o sotto il viadotto Polcevera e la creazione di un fondo statale che aiuti le famiglie di chi è morto a sopravvivere economicamente senza dover accettare risarcimenti come quelli arrivati da Aspi ad alcuni dei parenti delle vittime del Morandi. Quest’ultima richiesta, in realtà, era già stata avanzata pubblicamente durante la commemorazione dello scorso anno, quella dalla quale erano stati “scacciati” i vertici di Atlantia, ma poco o nulla si è mosso a livello parlamentare.

Sul fronte dell’inchiesta invece proprio ieri il colonnello della guardia di finanza di Genova Ivan Bixio, che sta portando avanti le indagini sul crollo del viadotto, ha spiegato che i risultati sui 60 terabyte di documentazione acquisita saranno pronti per essere consegnati alla procura entro i primi di ottobre «comunque prima che scadano le indagini preliminari e comunque prima del secondo incidente probatorio». Come per il primo anniversario del crollo, quando la commemorazione ufficiale avvenne in un ex capannone all’ombra delle prime pile del nuovo ponte, anche questa volta gran parte dell’appuntamento non sarà aperto al pubblico. Ma se lo scorso anno la città era concentrata pesantemente sul ricordo, sul lutto, questa volta – e lo hanno percepito anche i familiari delle vittime – l’attenzione sembra essere scemata, sia per l’ubriacatura dell’inaugurazione dell’infrastruttura, il 3 agosto, sia perché l’emergenza pandemica ha offuscato tutto il resto. Non è scontato che anche oggi, alle 11 e 36, oltre alle sirene delle navi in porto e alle campane a lutto, i genovesi si fermino per strada per onorare il minuto di silenzio o decidano di abbassare le saracinesche già chiuse per tante settimane.

Questa sera, però, dai quartieri di Certosa, Sampierdarena e Cornigliano, quelli più pesantemente colpiti dal crollo, partiranno tre diverse fiaccolate che si riuniranno proprio nella “radura della memoria”. In quel momento la piazza sarà consegnata alla collettività nel nome di quello che mai più dovrà accadere. A pochi metri gli edifici che non vennero abbattuti ma che sono disabitati ormai da due anni – gli sfollati, risarciti a tempo record rispetto ad altre note vicende italiane, vivono in altre case – potrebbero diventare appartamenti per studenti universitari, sempre che qualcuno voglia tornare ad abitare sotto al un viadotto dell’autostrada.