Il Cairo è tappezzata di nuovi manifesti che preparano al voto che dovrà suggellare il nuovo corso, voluto dall’esercito. Ai poster del giovane soldato con un neonato tra le braccia, apparso dopo febbraio 2011 per sottolineare l’alleanza tra militari e popolo egiziano, si vedono ora accostate le immagini di cinque persone (tre delle quali occidentali) con lo slogan «una Carta per tutti gli egiziani». Il 14 e 15 gennaio si terrà il primo voto della transizione guidata dai militari dopo il colpo di stato che ha deposto l’ex presidente Morsi lo scorso 3 luglio.

Il presidente ad interim Adly Mansour, annunciando il ritorno alle urne per il referendum costituzionale, ha definito la nuova Carta «un punto di partenza per costruire uno stato democratico». Anche il capo della Commissione dei 50, Amr Moussa, ha definito la Carta come una «pietra miliare per uscire dal caos». Ma Fratelli musulmani e le associazioni universitarie, gamaat al islamyya, hanno già fatto sapere che boicotteranno il voto. La Coalizione nazionale in sostegno della legittimità ha parlato infatti di un «referendum il cui risultato è già scritto», chiedendo ai sostenitori di Morsi di persistere nelle rivolte. Anche attivisti e organizzazioni per i diritti civili continuano a criticare la bozza di Costituzione. Il Network arabo per i diritti umani (Ahri) ha duramente criticato gli articoli che prevedono processi militari per i civili. In particolare, i privilegi di polizia e militari non vengono toccati, anzi in alcuni casi sono rafforzati. Non solo, è l’esercito a nominare il ministro della Difesa, che ha l’incarico anche di approvare il budget per le spese militari. L’altro limite sottolineato dagli attivisti anti-militari, dopo le sanguinose proteste dello scorso novembre, è lo stop per legge alle proteste non autorizzate, con la creazione di piccole aree delimitate, dedicate alle manifestazioni spontanee in ogni governatorato.

Infine, la nuova Costituzione non segna progressi significativi nei diritti sociali e democratici. «Non ci sono cambiamenti rilevanti. È da sottolineare il fatto che in un contesto rivoluzionario non c’è una costituzione rivoluzionaria», ha commentato Zaid Al Ali, costituzionalista dell’Istituto internazionale per la democrazia e l’assistenza elettorale (Idea), con sede al Cairo. Anche attivisti socialisti e comunisti hanno duramente criticato la pretesa, avanzata dal governo ad interim “social-democratico”, che la Carta contenga nuovi diritti sociali in seguito alle spese fisse stabilite dalla Costituzione per educazione (2 percento del Pil), salute (4 percento) e ricerca scientifica (1 percento). «Non illudiamoci, per creare un sistema sanitario adeguato sarebbe necessaria una spesa del 15 per cento del Pil», commenta al manifesto Taher Mokhtar, esponente del sindacato dei medici di Alessandria. Dal canto loro, il partito per un Egitto Forte dell’islamista moderato Abdel Moneim Aboul Fotuh e il movimento 6 Aprile hanno chiesto di votare «no» al prossimo referendum, sollecitando operazioni di voto libere e controllate. La campagna Tamarrod (ribelli) ha lanciato invece un’iniziativa in sostegno della Costituzione, definendola la «migliore dal 1971» (anno della Carta fondamentale dell’era Mubarak).

Infine, i Fratelli musulmani proseguono nelle loro spontanee e diffuse manifestazioni. Gli assembramenti più importanti hanno avuto luogo nelle maggiori università del paese per commemorare il primo anniversario degli scontri di Ittihadeya in seguito all’estensione dei poteri presidenziali voluta Morsi. Nei giorni scorsi marce e scontri con le forze di polizia hanno avuto luogo in direzione delle università di Al Azhar e Ain Shams.