È stata definita «la ribellione dei fiori nativi», sorta «dal cuore della terra» per dire «basta a questo sistema capitalista, razzista e patriarcale che sta mettendo a repentaglio la vita del pianeta».

A guidarla è un gruppo di donne indigene dell’Argentina che, mercoledì scorso, hanno occupato pacificamente il ministero dell’Interno per far sentire le loro denunce e le loro proposte di «guardiane della vita». Incatenatesi nella hall del ministero, le donne, appartenenti a diverse nazionalità indigene, hanno accusato governi e imprese di «terricidio», denunciando l’assassinio degli ecosistemi e dei popoli che li abitano e, con loro, la distruzione dell’«opportunità di costruire un nuovo modello di civiltà».

«Onorando il suolo che calpestiamo, il frutto della terra che ci alimenta e le distinte forme di vita – hanno dichiarato le donne -, siamo venute con decisione, coraggio e dignità a dirvi basta».

Fiori tenaci e ostinati: di fronte al tentativo di sgombero da parte della polizia, le rappresentanti indigene hanno assicurato che da lì non se ne sarebbero andate finché non fossero riuscite a parlare con il ministro Rogelio Frigerio, per denunciare la contaminazione dei fiumi, la devastazione delle foreste e tutti gli irreversibili danni ai loro territori provocati soprattutto dalle multinazionali straniere.

E per denunciare, anche, la militarizzazione delle comunità autoctone da parte del governo, gli arresti arbitrari, gli sgomberi, i casi di scomparsa forzata e di tortura.

«Nell’Argentina di oggi – ricordano – 8 donne indigene su 10 subiscono stupri, abusi e violenza fisica, in 7 casi su 10 da parte della polizia e delle forze di sicurezza dello Stato. E, per ogni 8 donne violentate e assassinate, 5 sono anziane, nella maggior parte delle volte autorità spirituali».

A mandarle via ci aveva provato anche il segretario degli affari politici e istituzionali del ministero dell’Interno Adrián Pérez, avvisandole che il ministro era fuori città e che pertanto era «impossibile» che le incontrasse.

Ma la risposta della leader indigena mapuche Moira Millán non si era fatta attendere: «Non ce ne andremo finché lo stato non ci darà risposte concrete e definitive riguardo alle nostre rivendicazioni».

Alla fine, pare che abbiano vinto loro, ottenendo dal segretario per le Province e i municipi del ministero dell’Interno, Alejandro Caldarelli, l’assicurazione che verranno ricevute.