«Sventurata la terra che ha bisogno di eroi, beato il popolo che non ha bisogno di eroi» esclamava Galileo. L’abbiamo spesso detto, la lotta alla mafia non si vince con i “professionisti dell’antimafia”, parafrasando Sciascia. Siano giudici, politici o persone comuni della tanto osannata “società civile”. Ma è un cimento collettivo che deve smuovere le coscienze individuali. Senza personalismi, leader, eroismi, funzionali a far carriera, business o quant’altro. Perché, altrimenti, l’antimafia sminuisce di valore e rischia di essere, diceva lo stesso Sciascia, «strumento di una fazione per il raggiungimento di un potere incontrastato e incontrastabile». Ecco perché la notizia dell’arresto di Carolina Girasole, alla guida di Isola Capo Rizzuto dal 2008 al 2013, annoverata tra i cosiddetti sindaci antindrangheta, non lascia sbigottiti. Intanto perché le accuse nei suoi confronti andranno provate in un pubblico dibattimento. E poi perché a queste latitudini il tessuto sociale è talmente marcio che ci si può attendere di tutto.
«Voto di scambio aggravato dall’articolo 7 per aver favorito la cosca degli Arena» è il capo d’imputazione a suo carico. Girasole paga il cosiddetto appalto dei finocchi. Tutto infatti ha avuto inizio con il sequestro di un vastissimo terreno di proprietà degli Arena, potente cosca isolitana con ramificazioni in Lombardia (capace nel 2009 di far eleggere persino un senatore, quel Nicola di Girolamo del Pdl oggi in carcere), coltivato a finocchi. La Dda di Catanzaro, che ha coordinato l’inchiesta durata tre anni, attraverso le microspie e le intercettazioni ambientali ha potuto ascoltare in diretta le conversazioni e i traffici tra l’allora sindaca, i membri della giunta e la picciotteria. Nonostante il sequestro del terreno coltivato a finocchi, scrivono gli investigatori, «gli Arena hanno continuato a gestire i propri poderi» tramite la società agricola San Giovanni snc, partecipata dai quattro figli di Nicola Arena, il patriarca. Sino a quando la magistratura li ha definitivamente confiscati. C’erano però da smaltire i quintali di finocchi ormai pronti per la raccolta. E il podere è stato affidato al comune, così come il raccolto per essere destinati a finalità sociali, cosa poi avvenuta nel 2010. Il Comune li ha poi assegnati all’associazione Libera Terra Crotone senza però poterne attuare la materiale consegna poiché parte dei fondi risultava occupata da colture agrarie. Don Ciotti non ha voluto saperne di rilevarli, perché «l’associazione non ha mai gestito il raccolto altrui». La giunta comunale a questo punto ha deciso di indire una gara d’appalto per la vendita dei finocchi. Come spesso accade, essendo gli appalti “cosa loro”, gli Arena si sono riappropriati della raccolta attraverso dei prestanome. Costo 250 mila euro. Una gara «aggiustata», dicono i magistrati.
La cosca ha così provveduto a smistare sul mercato il prodotto, ricavandone un milione. In segno di riconoscenza Nicola Arena e il figlio Massimo hanno inviato a Girasole, al suocero e alla mamma quattro cassette di finocchi. Nei dialoghi intercettati dalla Guardia di Finanza, il boss parla apertamente dei favori avuti dalla sindaca: «A questa possiamo chiedere tutto, lì l’abbiamo messa noi». Il gip, nel provvedimento di arresto, è andato oltre la richiesta del pm, accusando la Girasole di concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo gli inquirenti l’appalto “pilotato” sarebbe stato il pegno da pagare agli Arena come riconoscenza per l’appoggio ricevuto alle elezioni del 2008. Un migliaio di voti, secondo quanto dicono gli stessi nelle intercettazioni. Preferenze che, scrivono i magistrati della Dda, «sono state decisive» per farla diventare sindaco. Voti che gli erano stati chiesti in «maniera esplicita» da Francesco Pugliese, marito della sindaca Girasole. Un sostegno che gli è poi stato restituito «non per un fatto economico, ma in segno di riconoscenza». Così il sindaco antimafia aveva pagato il suo debito chiudendo un occhio e consentendo che gli Arena raccogliessero i prodotti coltivati sui 100 ettari di terreno che gli erano stati confiscati e che erano stati assegnati al comune di Isola.
Durante il suo mandato di sindaco Girasole ha subito attentati e intimidazioni. Alla luce dell’indagine denominata Insula, è stato possibile accertare che i danneggiamenti sono stati opera di criminalità comune e non della ‘ndrangheta. Quando al municipio, i ladri hanno portato via i computer e la picciotteria si è persino prodigata per farli ritrovare. Il sindaco si sarebbe rivolto a Ciccio Gentile, uomo degli Arena, per riottenere tutti i computer. Un anonimo con una telefonata ai carabinieri, qualche giorno dopo il furto, ha permesso il ritrovamento della refurtiva.
Intanto dalle parti della destra di Isola si stappano bottiglie di spumante. «Un abbraccio virtuale al Procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, al sostituto Salvatore Curcio, al Gip Abdigal Mellace ed agli uomini della Guardia di Finanza», si legge sul blog isolacaporizzuto.wordpress.com, il megafono del Pdl che ha trionfato alle elezioni. L’attuale sindaco si chiama Gianluca Bruno ed è un nome noto alle cronache. Era commensale alla cena di ringraziamento officiata dai boss in onore del senatore Di Girolamo. Insomma, una maionese impazzita in cui c’è tutto e il contrario di tutto.