Poco dopo le 20 l’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle inizia. E, questa è la prima notizia, non viene aperta dalla relazione introduttiva di Luigi Di Maio, che anzi neanche si presenta all’apertura dell’incontro. È rinchiuso a palazzo Chigi coi capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, che per tutta la giornata si sono seduti attorno al tavolo con i pari grado del Partito democratico, per lavorare all’intesa programmatica che dovrebbe condurli a costituire una nuova maggioranza.

MA PER CAPIRE la posizione di Di Maio in questa fase bisogna andare alla prima parte della giornata, quando l’accordo tra Pd e M5S pareva essere saltato e una componente rilevante di parlamentari grillini continuava ad ostentare ottimismo e mandare messaggi espliciti al «capo politico»: «Non se ne fa più nulla? – rispondevano – Se cade l’accordo, la prima testa a saltare è quella di Di Maio». La sentenza dice molto della situazione: Di Maio ha perseguito un’intesa col Pd sulla spinta dell’assemblea degli eletti e mosso dalle necessità di non andare immediatamente al voto. Non è un mistero che a quest’accordo non creda fino in fondo, assieme a personalità di primo piano come Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista, che però hanno meno da perdere, sono meno esposti e possono ricollocarsi.

Diversa è la posizione di Di Maio. Il condottiero nei palazzi del potere e tessitore dei rapporti istituzionali sente di essere all’angolo e nonostante tutto prova ad alzare l’asticella: caduto il veto sul nome del presidente del consiglio uscente Giuseppe Conte cerca di ritagliare un posto al sole, per lui e per alcuni dei suoi fedelissimi. «È un bluff», lasciano intendere i grillini che negli ultimi diciotto mesi hanno ingoiato il rospo del governo con la Lega e che negli ultimi giorni hanno preso per mano il caos delle riunioni congiunte dei gruppi per spingere verso il nuovo governo.

«Luigi sa bene che se questa legislatura dovesse finire all’improvviso gli presenteremmo il conto che abbiamo evitato di fargli pagare quando c’è stato il voltafaccia di Salvini». C’è spazio anche per un siparietto su Twitter inedito e davvero impensabile fino a qualche giorno fa. Il presidente della commissione Cultura Luigi Gallo risponde ad un post di Di Battista critico nei confronti del Pd utilizzando queste parole: «Chi esplicitamente sta perseguendo la strada del voto o del ritorno con la Lega contro la volontà del gruppo parlamentare e di Beppe Grillo non può dettare condizioni a nessuno. Un’altra occasione persa per stare in silenzio». Più tardi, in riunione, Gallo dice chiaro e tondo: «Di Maio non può avere tre incarichi anche questa volta, evitiamo di commettere gli errori che abbiamo fatto con la Lega».

CHE LE COSE stiano muovendosi in questa direzione lo sanno anche Nicola Zingaretti e i suoi, che nel corso della giornata osservano cadere uno ad uno i paletti posti dal leader dimezzato Di Maio. A peggiorare la situazione c’è l’interlocuzione diretta tra Conte e il segretario del Pd. I due si parlano direttamente, senza passare per il grillino. E la cosa riduce ulteriormente il potere contrattuale del M5S. Ciò ovviamente non significa che Di Maio verrà umiliato pubblicamente, non lo prevede l’accordo non scritto tra grillini e non fa comodo a Conte. Anche al Pd per il momento non torna utile che il vertice del possibile alleato di governo appaia pubblicamente screditato. Ma è da questo contesto, di debolezza interna e poca possibilità di manovra, che scaturiranno gli equilibri di governo e che si determinerà la posizione di Di Maio all’interno dell’esecutivo.

A PROPOSITO di vertici in crisi: resta appesa la questione della consultazione degli iscritti alla piattaforma Rousseau, che sta a cuore a Casaleggio, l’altro che sta subendo la situazione. Il voto online costituisce un problema dal punto di vista regolamentare, tecnico e soprattutto politico. Ma ancora una volta, la risposta la danno da giorni i parlamentari che da giorni lavorano per l’accordo col Pd. Interrogati sull’eventualità dell’approvazione al tele-voto rispondono glaciali: «Prima vengono le procedure previste dalla Costituzione italiana».