Video, telefonate, deposizioni, la sequenza di fatti che ha portato giovedì notte alla morte del vicebrigadiere dei carabiniere Mario Cerciello Rega si va componendo. La storia comincia alle 23.30, Sergio Brugiatelli è a piazza Trilussa, non fa il pusher ma il mediatore, indirizza gli acquirenti. I due ventenni californiani Elder Finnegan Lee e Gabriel Christian Natale Hjorth si rivolgono a lui per avere la coca. Dallo spacciatore vanno Hjorth e Brugiatelli, che lo presenta agli amici del giro come «il mio fratellino», mentre Finnegan Lee resta in attesa su una panchina, dove Brugiatelli ha lasciato lo zaino. Lo scambio va all’aria perché intervengono quattro carabinieri che erano in zona ma fuori servizio, Brugiatelli e lo statunitense si allontanano, i due californiani si portano via lo zaino per vendetta. Anche il pusher, Italo Pompei, si allontana: addosso non aveva droga ma aspirina spacciata per coca, ai militari dice di essere «un amico delle guardie», cioè un confidente.

Andrea Varriale, il collega che ha assistito all’accoltellamento di Rega, era tra i militari intervenuti a Trastevere intorno all’una di notte su ordine del maresciallo Pasquale Sansone «per la ricerca di un soggetto (Pompei ndr) che si era sottratto all’identificazione dandosi alla fuga dopo aver consegnato ai militari un involucro contenente tachipirina», come si legge nell’ordinanza della gip Chiara Gallo. Nella stessa ordinanza si legge che Brugiatelli ha raccontato ai militari del furto: «Gli operanti invitavano Sergio B. a sporgere denuncia presso un qualsiasi ufficio di polizia e riprendevano il normale servizio».

Così parte la chiamata al 112. Brugiatelli, intanto, aveva già utilizzato il cellulare di un clochard della zona per contattare il suo telefono: i due ragazzi volevano 100 euro e una dose di coca per restituire chiavi, documenti e cellulare. Alle 2.10 il vicebrigadiere Rega viene contattato dalla centrale operativa: lui e Varriale vengono mandati a piazza Belli a cercare il pusher. Così incontrano Brugiatelli. Difficile che tra la contrattazione e la telefonata per riavere lo zainetto, qualcuno abbia potuto pensare che i due ventenni fossero magrebini, come da comunicato diffuso venerdì alle 9 e da alert alle forze dell’ordine. Brugiatelli li aveva descritti così: «Il primo aveva i capelli biondi, era alto circa 1metro e 80, indossava una camicia color crema a quadri. Il secondo aveva i capelli con delle meches, alto circa 1metro e 80, un tatuaggio sull’avambraccio destro, una maglietta chiara. Entrambi avevano un accento inglese, credo americano».

All’incontro per effettuare lo scambio, in via Federico Cesi a Prati (vicino all’hotel dove alloggiano i due statunitensi), Brugiatelli si presenta alle 3.15 con Rega e Varriale in borghese: «Parcheggiata la macchina, i militari mi dicevano di rimanere vicino al mezzo». Non li vede ma sente le urla. È Varriale a raccontare: «Ci siamo qualificati come carabinieri, abbiamo mostrato i tesserini ma i due ci hanno aggredito con rapidità e violenza». I ragazzi in albergo hanno indossato delle felpe con cappuccio, Elder si è portato dietro un coltello con la lama da ben 18 centimetri, stile marines. È ancora Varriale a spiegare: «Sono stato aggredito dal soggetto con la felpa nera che dimenandosi con calci, graffi e pugni riusciva a liberarsi».

Rega è alle prese con Elder, gli urla «fermati siamo carabinieri, basta» mentre veniva raggiunto da 11 fendenti. «Prima di accasciarsi ha detto “mi hanno accoltellato”» racconta ancora Varriale, che aggiunge: «Ho contattato immediatamente la centrale operativa per i soccorsi e, in attesa, ho tamponato le ferite. Nel frattempo notavo sopraggiungere le altre pattuglie». Pattuglie troppo lontane per aiutare Rega o bloccare i due californiani, che hanno avuto il tempo di scappare in albergo, dove sono stati rintracciati il mattino dopo alle 11 con le valigie pronte. Nella loro stanza sono stati ritrovati il coltello e gli abiti utilizzati durante l’omicidio, in una fioriera accanto all’ingresso dell’hotel lo zainetto rubato. Venerdì sono arrivate le confessioni: «Elder ammetteva di aver colpito più volte la persona che gli si era avvicinata, precisando però di non aver capito che erano carabinieri e di aver creduto che fossero uomini mandati dal Sergio per vendicarsi». Hjorth mette a verbale di non aver saputo che l’amico aveva un coltello e di non essersi accorto dell’omicidio ma di averlo saputo solo la mattina dopo.

La gip sottolinea che i carabinieri non hanno mai estratto l’arma (quindi le coltellate sono arrivate a un uomo disarmato) e che gli statunitensi non sono stati aggrediti (non hanno segni di colluttazione). I ventenni piuttosto hanno dimostrato «la totale assenza di autocontrollo, evidenziandone la pericolosità sociale. La presenza di Hjorth ha agevolato la condotta di Elder. Nessuno dei due ha dimostrato di aver compreso la gravità delle loro condotte». La gip quindi ha convalidato l’arresto per omicidio e tentata estorsione per «il concreto il pericolo di reiterazione del reato».